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Letta blinda il governo: la crisi è letale

Il premier non vuol rimanere ostaggio delle tensioni interne a Pdl e Pd e pensa a un nuovo patto di coalizione

Letta blinda il governo: la crisi è letale

Roma - Enrico Letta, quasi quasi, ci prova. Il presidente del Consiglio ha orecchie e antenne attente. Conosce le fibrillazioni dei partiti. È al corrente delle tensioni che attraversano il Pdl. Durante il consiglio dei ministri nessuno fa parola della sentenza di Cassazione. Fuori dalla stanza, però, qualcuno nel Pdl gli fa capire l'aria che tira: l'offerta di dimissioni in blocco dei ministri, fatta da Alfano, la richiesta di elezioni di Berlusconi. Così, da una parte si fa scappare a proposito dell'incandidabilità del Cavaliere, «che si devono applicare le leggi». E dall'altra, rispolvera il codice Chitarrella (trattato del 1750 sull'arte dello Scopone) e prova lo «spariglio».
Nella pratica si tira fuori dal dibattito politico. Prova a mettere Palazzo Chigi e il governo, sotto una bolla di protezione. E la strada che intende seguire - lo «spariglio», appunto - è rappresentato dalla piena condivisione («la faccio mia», avrebbe detto il presidente del Consiglio) della proposta avanzata da Mario Monti di un nuovo «patto di coalizione».
Nella sostanza, la linea suggerita dal Professore prevede un ridimensionamento del ruolo dei partiti della maggioranza. «Il governo deve riuscire - sostiene Monti - a tenere al loro posto le forze della maggioranza. Il suo compito non è quello di realizzare le promesse elettorali di questo o quel partito, ma fare l'interesse del Paese».
Letta condivide l'impostazione. «Sono assolutamente convinto che debba prevalere l'interesse generale del Paese - dice -. I partiti oggi devono assumersi le proprie responsabilità e fare le scelte che riguardano il futuro». Linea perfettamente condivisa e coordinata (a quanto pare) con il Quirinale. Ed aggiunge: fermarci oggi (cioè, aprire una crisi di governo) sarebbe «un delitto». I risultati «sono a portata di mano, possiamo quasi toccarli». E, a riprova del miglioramento del clima, sottolinea il dato dello spread: è stabile - dice - segno che i fondamentali del Paese sono stabili.
In realtà, il premier sa benissimo che se lo spread è sceso intorno ai 260 punti base è grazie alle parole di Mario Draghi, che da Francoforte conferma la politica monetaria impostata. Anzi, se serve, a rafforzarla pure.
E per essere certo di far comprendere al Palazzo che - al momento - intende seguire, Enrico Letta ribadisce il concetto in più occasioni: dalla conferenza stampa al termine del consiglio dei ministri alla riunione con i parlamentari di Scelta Civica. «Il Paese ha bisogno di essere governato. Io lavoro in questa direzione. Non considero che il logoramento faccia parte degli interessi del Paese».
E ripete: ognuno deve assumersi le proprie responsabilità. La «linea Monti» di tenere lontani i partiti, insomma, fa presa sul presidente del Consiglio. Anche se è una formula valida con governi “tecnici“, non “politici“.
Per questo non commenta la richiesta del Professore di innescare «una forte discontinuità» nell'azione di governo. Questo presupporrebbe un rimpasto, un Letta-bis. Soluzione alla quale qualcuno degli uomini vicini al premier inizia a pensare. Lui non è ancora convinto. Ma con lo «spariglio» spesso si vince.

E si resta a Palazzo Chigi.

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