Cronache

Per liberare il gigante ferito sarà una guerra con il mare

Anche il movimento più semplice in acqua diventa maledettamente complicato. Solo degli schiavi d'acciaio possono vincere con le onde

Per liberare il gigante ferito sarà una guerra con il mare

Non so quante volte mi sono tuffato tra i relitti di navi affondate o arenate lungo le spiagge della mia terra. Dei relitti di onerarie o lapidarie romane in realtà restano poche tracce. Qualche lastra, un cumulo di materiale a ricreare il naufragio sul fondo, marre spezzate di gigantesche ancore. Ai laghi Alimini ci si tuffava dalla prora di un vecchia nave da carico greca che s'era arenata su una secca nel 1978 e che lì restò fino alla corrosione completa qualche decennio dopo. Il mare, questo territorio di nessuno, riscrive la sua geografia ogni giorno e lo fa sfondando costoni, arretrando lungo gli arenili, inglobando foci e porti naturali o trasformando precari elementi esterni in coreografia permanente. Penso questo ascoltando il notiziario che parla del tentativo di disincagliare la Costa Concordia. Dal tredici gennaio dell'anno scorso ad oggi la nave da crociera è diventata parte integrante del paesaggio dell'isola del Giglio. Quasi che alla leggendaria fama letteraria della dirimpettaia Montecristo il Giglio avesse voluto rispondere mostrando di cosa è capace. Il risultato è uno squarcio di settanta metri nello scafo di una moderna nave passeggeri tanto da trovarsi rivoltata su un fianco come una Moby Dick a propulsione elettrica; trenta persone morte; lo scafo incastrato a uno dei suoi scogli. L'isola del Giglio per questa prodezza s'è dovuta far aiutare dal fattore umano. E adesso è come se cercasse di tenere avvinto a sé quello che dall'alto pare un modellino lego finito tra vecchie bambole e maglioni verdi infeltriti. Ora però bisogna rimetterla su. Sembra che i moderni ingegneri abbiano fatto tesoro delle strategie usate nell'Isola di Pasqua per spostare di parecchi chilometri i giganteschi Moai. E pare che al posto di antichi schiavi egizi ci saranno argani dalla potenza devastante che se la vedranno in un braccio di ferro con il Tirreno che notoriamente è un mare scorbutico. E lo è tanto che per la giornata del recupero questo lembo di Mar Mediterraneo sembra abbia chiesto rinforzi a Eolo e compagnia cantante.

Sono in arrivo burrasche. Sembra che quel versante stia per essere investito da fortunali e tempeste. Diciamo che i soccorritori farebbero bene a indossare il cilindro di feltro e la finanziera, strapparsi una gamba sostituendola con osso di balena e ingaggiare ramponieri intrepidi e marinai robusti. Tutto questo perché? Per disincagliare una lamiera contorta a condurla poi al disarmo anticipato. È come chiudere la stalla dopo che i buoi sono fuggiti. La stiva della Concordia pare abbia già sversato una dose sufficiente di veleno da alimentare tutte le Lucrezia Borgia dell'universo. Al tempo stesso molluschi e fauna della scogliera di Punta Gabbianara hanno fatto i bagagli per un rapido trasferimento verso acque poco frequentate da Schettino e soci. Inoltre il posizionamento di piattaforme e chiatte per gru e argani creerà un traffico da ora di punta sulla tangenziale ovest di Milano. E a proposito di traffico in questo anno e mezzo moltissimi nobiluomini a bordo di piccoli natanti si sono regalati il solito tour dell'orrore fiancheggiando la chiglia e i ponti remoti della sciagurata nave. A bocca aperta, motori al minimo e cellulari pronti per la foto ricordo, hanno fatto una sosta al Giglio per esclamare oh, che disastro!

Tirare su il gigante però non sarà uno scherzo. Un mio vecchio zio, un marinaio con vent'anni di imbarco sui sommergibili, mi ha sempre detto che ogni azione, ogni singolo movimento in acqua diventa maledettamente complicato. Tutto quello che facciamo sulla terraferma vede il suo coefficiente di difficoltà moltiplicarsi all'infinito nel momento in cui c'è di mezzo il mare o un lago o semplicemente uno specchio d'acqua. Gli antichi romani mettevano in conto che un carico su tre lo avrebbero perduto durante le traversate del Mediterraneo. Il recupero il più delle volte non era nemmeno ipotizzabile.
Oggi lasciare la Concordia solidale allo scoglio del Giglio non è possibile. Magari tra cento anni sarebbe stata ricoperta di muschio, alghe fluorescenti e famiglie di molluschi che nel frattempo hanno occupato la suite presidenziale con vista sul mare aperto. Comunque sia la ribalteranno e la condurranno mestamente nel cimitero di competenza. Il mare proverà a dire la sua schiacciando dal cielo un tot di fulmini e dagli abissi una serie di onde, ma alla fine prevarrà l'intervento non solo estetico dell'uomo. E quando osserveremo la costa toscana tenteremo di immaginare cosa provò la gente quella notte e di tutto ciò non resterà che il dolore, una data e uno scoglio scheggiato.

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