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L'Istat svela il trucco di Renzi: lo sgravio di 80 euro è la metà

RomaCoperture dubbie e «tredicesima» messa in discussione. A pochi giorni dal Consiglio dei ministri del taglio Irpef, sul governo piovono reazioni e stime poco favorevoli. Ieri tre istituzioni sopra le parti quali Istat, Bankitalia e Corte dei Conti hanno messo in discussione le basi del provvedimento e si sono iscritte al partito dei gufi.
Intanto gli 800 euro. L'istituto di statistica - anche se non si conoscono i dettagli - ha provato ad applicare gli sgravi Irpef, e ha stabilito che porteranno 714 euro in più per le famiglie più povere. «Il beneficio relativo della revisione Irpef», quindi il guadagno medio annuo per beneficiario, secondo il presidente dell'Istat Antonio Golini, «è pari a 714 euro per le famiglie più povere» e di «796 euro per le famiglie del secondo quinto, 768 euro per quelle del terzo quinto, 696 per quelle del quarto quinto e 451 per le famiglie più ricche». Nessuna delle fasce interessate avrà i mille euro all'anno. Quindi, ha calcolato Renato Brunetta: il beneficio in busta paga, non sarà di 80 euro, ma di 40-65 euro netti al mese. «Altro che quattordicesima!», ha attaccato il capogruppo di Forza Italia, «se aggiungiamo che, a parità di coperture aleatorie, dovranno essere inclusi nello sgravio, come ha annunciato Renzi, 4,2 milioni di incapienti, rischiamo di vedere dimezzate anche le stime dell'Istat».
Il premier invece ostenta ottimismo e via Twitter assicura che il lavoro sta procedendo «molto bene» e che venerdì il taglio ci sarà. Poi smentisce un taglio degli assegni familiari.
Il governo sta affrontando il nodo dei redditi inferiori agli 8.000 euro che sarebbero esclusi dal beneficio. L'ipotesi più accreditata resta quella del bonus da elargire in percentuale al reddito. Il tutto con un costo che potrebbe essere superiore a quello stimato dal governo nel Def. A fare presenti i rischi sulle coperture ieri è stata Bankitalia. «Nel 2015 - ha spiegato il vicedirettore generale Luigi Federico Signorini - i risparmi di spesa indicati come valore massimo ottenibile dalla spending review non sarebbero sufficienti, da soli, a conseguire gli obiettivi programmatici, qualora dovessero finanziare lo sgravio dell'Irpef, evitare l`aumento di entrate appena menzionato e dare anche copertura agli esborsi connessi con programmi esistenti non inclusi nella legislazione vigente». In altre parole, per via Nazionale, la spending review da sola non basta a coprire i tagli di Matteo Renzi.
Ma ci sono conti che non tornano nemmeno nel 2014, ha osservato Brunetta. Quest'anno servono di fatto 7,1 miliardi, 20,4 nel 2015 e quasi 28 miliardi nel 2016. Rispetti alle entrate previste dal piano di Cottarelli, resta uno scoperto di 2,6 miliardi nel 2014 e di 3,4 miliardi nel 2015. Senza contare i 7 miliardi che servono ad adempiere ai trattati europei. Il decreto Irpef «così non può essere approvato», ha ribadito Brunetta.
Il governo ha accelerato. Ieri il ministro Pier Carlo Padoan ha confermato che è stata inviata all'Ecofin la lettera nella quale si chiede il rinvio del pareggio di bilancio. Padoan ha anche garantito il rispetto del piano di rientro del debito, con il raggiungimento dell' obiettivo «pieno» nel 2016 e «sostanziale» nel 2015. Se c'è uno scostamento nel raggiungimento degli obiettivi su deficit e debito, è per la volontà del governo di «accelerare» sulla crescita. Anche perché, secondo il ministro, la ripresa economica «finalmente è arrivata, ma è ancora fragile e va sostenuta». Comunque «siamo alla svolta».
Alla schiera degli scettici si unisce invece la Corte dei conti.

Il presidente della magistratura contabile, Raffaele Squitieri, sempre alle audizioni parlamentari sul Def, pur apprezzando la spending review intesa come revisione complessiva della spesa, ha spiegato che se le stime si riveleranno più basse, si correranno dei rischi.

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