Politica

Lombardia, Maroni scalda i motori e Ambrosoli molla il Pd

Vertice ad Arcore; il Pdl punta al patto con la Lega. Formigoni resiste: "Oggi la giunta"

Milano - Giorni animati per la politica lombarda, con continui incontri a destra e sinistra per trovare il successore del quasi dimissionario Roberto Formigoni. Il tema del voto è stato sul tappeto dei colloqui di ieri mattina ad Arcore, dove Silvio Berlusconi ha incontrato il coordinatore lombardo del Pdl, Mario Mantovani, gli ex ministri Mariastella Gelmini e Paolo Romani, l'ex sottosegretario Luigi Casero.
È stata sottolineata ancora una volta l'importanza dei rapporti con la Lega, che in questi giorni sembrano compromessi dallo scontro continuo tra il segretario, Roberto Maroni, e il governatore Roberto Formigoni. E sulla data del voto, il Pdl pensa a un percorso ben diverso da quello del presidente della Regione, che spinge per andare a elezioni a dicembre. Si parla di primarie di partito e poi di coalizione. Insomma, tempi più lunghi, per arrivare all'election day di aprile, come ipotizzato dalla Lega.
Roberto Maroni, incoronato dalle primarie della Lega come sfidante di Formigoni, ipotizza sue dimissioni dai vertici dalla Lega e usa toni di sfida: «Siamo disponibili a continuare l'esperienza con il Pdl in Lombardia, ma se dall'altra parte ci sarà una reazione isterica, ne prenderemo atto». Conclusione: «Non c'è in noi ansia di continuare a tutti i costi come alleati». Una specie di sfida, armata con un sondaggio Swg che - dice Maroni - dà la Lega al 22%, il centrosinistra al 22% e il Pdl al 13%. Ma sul web circola anche un sondaggio di Scenari politici che colloca il Pd al 22, il Pdl al 18, la Lega al 17 e il Movimento 5Stelle al 15%.
La settimana è decisiva per le sorti del consiglio regionale. Formigoni ha annunciato le dimissioni congiunte degli esponenti del Pdl e dell'opposizione per giovedì, 25 ottobre. Tra pochi giorni sarà chiaro se il presidente della Regione vuole davvero strappare con i vertici del partito o se sarà possibile trovare un'intesa sul futuro del Pirellone. La situazione politica è tesa e l'ipotesi di votare tra dicembre e gennaio non piace quasi a nessuno, nel Pdl e nella Lega.
Oggi (a meno di sorprese dell'ultima ora) il governatore lombardo rivelerà i nomi degli esponenti della sua nuova giunta e ha già fatto sapere che qualche «anticipazione» arriverà via Twitter, ormai uno dei suoi mezzi di comunicazione preferiti. Si parla di una conferma di Romano Colozzi e delle donne in giunta, l'assessore a Cultura e Istruzione, Valentina Aprea, e il sottosegretario a Pari opportunità, moda e design, Ombretta Colli: entrambe si sono dimesse dal Parlamento proprio per entrare nella giunta Formigoni e il Pdl chiede di mantenerle in squadra.
Acque agitate anche nel Pd e dintorni. Il grande schiaffo alla sinistra milanese arriva da Umberto Ambrosoli, avvocato della buona borghesia, figlio di Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, ucciso su ordine del banchiere Michele Sindona nel 1979. Simbolo della legalità e del servizio allo Stato, da molti era considerato un candidato adatto a presidente della Regione Lombardia.
E invece è arrivato il no, dopo un lungo «mumble mumble» assicura lui, sfuggito al pressing del sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, che voleva convincerlo a scendere in campo. Ambrosoli rifiuta perché non c'è abbastanza tempo per mettere su la squadra, elaborare un programma, condividere i criteri rigidi di selezione dei candidati e di trasparenza in campagna elettorale.

Insomma, il centrosinistra non dà sufficienti garanzie all'avvocato.

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