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Con lui o senza di lui? Se adesso il centrosinistra litiga pure su Di Pietro...

Vendola: "Senza di lui non mi siede a parlare col Pd". Bersani: "No alle pulsioni pouliste". Di Pietro è diventato il pomo dela discordia nel centrosinistra

Con lui o senza di lui? Se adesso il centrosinistra  litiga pure su Di Pietro...

La "Balena rossa" che doveva ergersi a salvatrice del Paese per garantire stabilità a un eventuale governo del dopo Monti si è arenata sulla spiaggia. Senza nemmeno immergersi nell'acqua.

L'ammucchiata Casini-Vendola-Bersani-Di Pietro è naufragata sul nascere. Almeno è questa l'impressione, viste le ultime dichiarazioni infuocate e le frecciate che si sono lanciati i protagonisti dell'ipotetica allenza. 

Il pomo della discordia? Antonio Di Pietro. Sì, proprio lui. Il leader dell'Italia dei Valori è l'ago della bilancia del centrosinistra. Per Vendola è una conditio sine qua non. Per Bersani & Co è una spina populista nel fianco moderato del partito. 

E così, il coltello dalla parte del manico lo tiene l'ex pm. Che, in una intervista al settimanale Left, pone le sue condizioni. Condizioni che non possono prescindere dal leader di Sel e che non contemplano minimamente un'allenza con Casini.

"Con Vendola proponiamo un programma ai Democratici: sviluppo, solidarietà, legalità. Nessuna alleanza con Casini: è il carnefice del centrosinistra", tuona Di Pietro che motiva il suo niet in quanto "Berlusconi ha governato per 15 anni con Casini, mettendo in pratica una politica di gestione personale del potere, di spartizione e lottizzazione, di utilizzo da pirata delle istituzioni, basata sulle leggi ad personam. Se fossi in tribunale per Casini varrebbe l'art. 110 del codice penale: Concorso diretto nella commissione del reato"".

Di Pietro non ha mai smesso la toga, si vede. E l'idea di allearsi con quello che lui considera "il carnefice del nostro elettorato" la considera "masochista e contraddittoria".

A largo del Nazareno però c'è chi comincia a storcere il naso e a rifiutare alleanze col leader Idv. A partire dal vicepresidente del Pd, Enrico Letta che, in un'intervista a Repubblica, ha sentenziato: "Una coalizione deve avere linguaggi e programmi comuni. Con Di Pietro non vedo né gli uni né gli altri".

Se il messaggio non fosse chiaro, Letta rincara la dose: "Come facciamo a sposarci con un dirigente politico che da nove mesi attacca il Partito democratico, sceglie la rincorsa a Grillo, mette in cima alla lista di tutti i mali il presidente della Repubblica? Per coerenza mi sembra impossibile governare con lui secondo la rotta che interessa a noi: continuità con l’esperienza di Mario Monti, le riforme e una politica più pulita".

Insomma, una bocciatura totale. Diverso invece il giudizio nei confronti di Nichi Vendola, anche se Letta un avvertimento glielo lancia: "Non rompe la regola di un rispetto reciproco insultando il capo dello Stato che è l’architrave su cui poggia il ritrovato ruolo internazionale dell’Italia, non insegue Grillo", ma "è chiamato ad evitare ricatti e ultimatum come quello di ieri".

Il riferimento è alle dichiarazioni perentorie rilasciate ieri dal leader di Sel. Che, parlando delle primarie nel Pd, ha affermato il suo legame con Di Pietro invitando i democratici a cambiare idea su Casini. "Se c’è una coalizione io sono interessato a primarie di coalizione: ma se c’è Casini e non c’è Di Pietro che primarie sono?", si è chiesto Vendola.

E pensare che il segretario democratico, Pier Luigi Bersani ieri, a margine di un incontro a Milano, si era detto convinto che Vendola fosse favorevole a un allargamento della coalizione di centrosinistra ai moderati.

"Non mi pare che Vendola sia ostativo al fatto che la grande area dei progressisti capisca che in una situazione di ricostruzione del Paese bisogna rivolgersi anche a forze costituzionali, europee e moderate", aveva analizzato Bersani.

Ma in politica, si sa, le intenzioni spesso non collimano con le dichiarazioni e le dichiarazioni cambiano a seconda del vento. E così, a distanza di poche ore, Vendola ha detto "no" a un’alleanza costruita su un’asse Pd-Udc e "no" ad accordi tra Sel e Pd se si vuole tenere fuori Di Pietro.

E proprio su Di Pietro, alla fine sembra che la linea di Bersani sia cambiata, avvicinandosi molto al pensiero di Letta. Infatti il segretario ha affermato di non avere mai escluso nessuno dall'alleanza, ma ha aggiunto che "ci sono alcuni punti irrinunciabili" e cioè che un centrosinistra di governo non deve "essere esposto a pulsioni populiste, a posizioni che mettono in dubbio presidi costituzionali, ci vuole un linguaggio amichevole. Io l’ho sempre avuto nei confronti dell’ Idv e non posso sentirmi dire due volte al giorno parole irrispettose".

Insomma, Di Pietro è il pomo della discordia. Osannato da un lato, criticato dall'altro. Vendola non può prescindere da lui e dal suo ritorno elettorale (gli ultimi sondaggi danno l'Idv in lieve crescita e l'ex pm, secondo un sondaggio Demos, è stato considerato uno dei leader di partito più affidabili). Bersani invece avrebbe voluto prendere due piccioni con una fava. Ma le posizioni di Casini e di Di Pietro sono inconciliabili. Basti pensare a temi come aborto, eutanasia, coppie di fatto, articolo 18 e politica estera. Bersani adesso dovrà fare una scelta di campo: o ritorna alla foto di Vasto o punta alla "Balena Rossa" e al nuovo compromesso storico tra progressisti e moderati. 

Qualcuno ha già provato a consigliarlo: "Vendola ha ragione quando dice a Bersani che non può pensare di staccare dalla foto di Vasto Di Pietro". Chi lo ha detto? Il redivivivo Gianfranco Fini che, pur di ritrovare il modo di allearsi con Casini, è disposto a dispensare consigli ai suoi peggior nemici. Cosa non si fa pur di evitare l'estinzione..

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