Politica

L'ultima carta di Bersani: scambio fiducia-Quirinale

Ecco la proposta del premier incaricato a Berlusconi: fai partire il governo e scegliamo insieme il nome per il Colle. "Se no eleggiamo la Boccassini"

Il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, al termine delle consultazioni
Il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, al termine delle consultazioni

C'è uno scalpo che Bersani (a sentire i suoi) si appresterebbe a mettere sul tavolo della trattativa con Berlusconi: quello di Romano Prodi. In pratica, il baratto offerto al centrodestra - che alla fine, per tacita ammissione dei democrat, è l'unico vero interlocutore delle infinite consultazioni che Bersani sta conducendo, e che stanno mandando su tutte le furie il Quirinale che continua a sentirsi rinviare il redde rationem e ieri sera ha fatto sapere di aspettarsi «numeri certi» sulla fiducia - è questo: tu, caro Silvio, consenti alla Lega o a qualche sottogruppo di senatori Pdl di far partire con la fiducia il nostro governo; noi ti promettiamo di scegliere assieme a te il prossimo inquilino del Quirinale (e di far distrattamente scivolare via dagli «otto punti» quelli che riguardano troppo da vicino gli interessi del Cav). Se non ci darai questa mano da dietro le quinte, allora il capo dello Stato ce lo votiamo noi da soli. «E siamo pronti ad eleggere anche Ilda Boccassini, se serve», butta lì tra il serio e il faceto un esponente vicino al segretario, e convinto delle sue buone chance. «Vi siete chiesti - fa osservare - perché, mentre Bersani continua ad allungare il brodo delle consultazioni convocando don Ciotti, Saviano, gli Alcolisti anonimi, il Pdl tace e non gli arma un putiferio? È ovvio: stanno trattando. Berlusconi sa che le elezioni ora sono un inutile azzardo, perché potrebbe anche avere la maggioranza alla Camera ma al Senato no, e che nel frattempo il capo dello Stato ce lo scegliamo noi». E Prodi, quel nome su cui - si continua a giurare nel Pd - anche i voti grillini potrebbero arrivare, resta in testa alla lista. A meno che Berlusconi, che Prodi non lo vuol vedere neanche dipinto, non si lasci convincere che gli conviene far partire il treno bersaniano e ottenere in cambio un presidente «garantista». Nomi? «Una candidata perfetta potrebbe essere Emma Bonino», suggerisce un parlamentare di Areadem. Qualcun altro evoca Giovanni Pellegrino, ex presidente della commissione Stragi e Ds di provata fede garantista.
Che lo scambio vada in porto e il governo Bersani nasca, però, non sono molti a crederlo nel Pd: «Berlusconi sa che, una volta fallito Bersani, Napolitano ha in canna un altro colpo: il governo del presidente. E il nuovo capo dello Stato lo sceglieranno tutte le forze chiamate a sostenerlo», spiega un veltroniano.
Il compito di mettere la questione Quirinale sul tavolo, ieri, è toccato ad Enrico Letta. Prima all'assemblea dei gruppi Pd e poi alla brevissima e indolore Direzione convocata in serata (nessuno vuole aprire ora il dibattito nel partito) il vicesegretario ha affermato che «l'elezione del presidente della Repubblica deve avvenire con un coinvolgimento molto largo, e non per qualche voto in più». Un modo per lanciare il segnale verso il Pdl, anche se ovviamente Bersani continua a ripetere - anche per tener buono un partito in ebollizione - che non vuol «sentir parlare di scambi, perché non si può portare le istituzioni a questo livello». E però, proprio concludendo la Direzione di ieri sera, il segretario Pd ha buttato lì una frasetta significativa: «Per le presidenze delle Camere abbiamo fatto una scelta di novità, ma il cambiamento può avvenire anche in una chiave più aperta». Aperta al Pdl, è il recondito messaggio, che serve a preparare al possibile «governo del cambiamento» fatto partire da Berlusconi un partito che fino a ieri ha votato la linea (del medesimo Bersani) che diceva «mai con Berlusconi».

Tanto che ieri, spiegavano dalle parti del segretario, ai Giovani turchi è stata «messa la museruola», per evitare che aprissero il fuoco contro l'ultima, fragile speranza di Bersani: l'ok di Silvio.

Commenti