Politica

Lusi sgambetta la Margherita "Perché non volete che restituisca le case?"

Velenosa lettera inviata dall'ex tesoriere a Bianco in concomitanza con l'assemblea che dovrà decidere la fine del partito e la restituzione di 14 milioni all'erario pubblico

Le bugie hanno le gambe corte. A voler andare fino in fondo con la coerenza, perciò, l'assemblea federale della Margherita dovrebbe tenersi su un tavolino-bonsai, di quelli rasoterra, alla giapponese.
Alla vigilia della riunione che dovrebbe recidere per sempre il fiore che emanava soldi per anni anche dopo la sua morte, in attesa che in camera caritatis Rutelli, Bianco e Bocci decidano se restituire allo Stato i 14 milioni di euro rimasti in cassa (come ormai sembra certo), la bufera continua a imperversare.

Una bomba sotto il tavolino della Margherita la piazza l'ex tesoriere Luigi Lusi che, tanto per mettere le cose in chiaro, ha inviato una lettera al presidente dell'assemblea federale Enzo Bianco, per ricordare che gli immobili di proprietà delle società controllate dalla Luigia Ldt «sono stati liberati da vincoli di indisponibilità di ogni genere». Dunque, sono pronti a essere restituiti (compresa la casa di Genzano) al partito che glieli aveva «commissionati» (consentendogli di utilizzarli in proprio).

Lusi non ha perduto la memoria, nonostante tutti i colpi ricevuti, soprattutto da Rutelli. Rammenta così per iscritto ai suoi ex amici margheritini che nel patrimonio comune «vi sono immobili di rilevante pregio e valore i quali, nella manifesta e confermata colontà di immetterli nel pieno possesso del partito», sono stati appunto liberati da ogni vincolo. L'ex tesoriere sollecita Bianco ad attivarsi: «Si rappresenta l'urgenza di acquisire in favore degli ex dielle la piena titolarità dei predetti immobili onde evitare il possibile perpetrarsi di atti arbitrari di terzi che ne compromettano la loro libera disponibilità e conservazione».

Non del tutto ininfluente, il particolare che la restituzione degli immobili era stata già offerta a Rutelli & C. per tramite di un notaio, ma i maggiorenti del partito, volendosi allontanare il più possibile dalla «refurtiva», avevano già declinato l'offerta. Lusi così spiega che è nel suo diritto informare l'unico organo abilitato a una decisione, l'assemblea federale.

La situazione per gli ex margheritini dunque sarà ben complessa. Da un lato, si tenterà di chiudere baracca e burattini, persino restituendo i residui di cassa all'erario pubblico. Ma, dall'altro, quello che è stato un vero e proprio «saccheggio» sarà denunciato ancora una volta da Arturo Parisi, che preannuncia battaglia anche per rendere «pubblica» l'assemblea, come Rutelli e Bianco si sono ben guardati dal voler fare. Ma se la questione del saccheggio delle risorse pubbliche è «rigorosamente politica» (ancora Parisi), un altro componente dell'assemblea federale, Luciano Neri, ha deciso di vuotare il sacco.

E pone la questione cardine: «Chi è ossessionato dall'idea di chiudere tutto con l'assemblea, non può non destare il legittimo sospetto che con questa operazione si voglia cancellare qualsiasi traccia e impedire all'organo statutariamente deputato di accertare dove sono finiti i soldi pubblici, se questa destinazione era coerente con i valori e con le finalità politiche della Margherita e dell'Ulivo, e chi ha assunto queste decisioni senza legittimità né mandato». La tesi del «Lusi ladro solitario all'inisaputa di tutti non mi ha mai convinto», spiega Neri. Che ritiene anche «incompatibile» Rutelli con l'assemblea della Margherita, considerato che non solo se n'è andato, ma ha fondato un partito distinto e distante dal Pd, un partito concorrente». Stessa considerazione esposta da Gaspare Nuccio (escluso dall'assemblea) ai microfoni di Radio radicale: «I soldi della Margherita hanno finanziato correnti politiche all'interno del Pd e persino un partito concorrente», l'Api di Rutelli. Anche Franco Monaco, non invitato all'assemblea («non so perché», si stupisce) fa sapere che la cosa migliore che si possa fare è che «i vertici diano spiegazioni plausibili e si facciano da parte, e chi ha gestito soldi dopo lo scioglimento della Margherita chieda scusa agli italiani».

Le reazioni dei vertici, però, al momento, sono sdegnose e cariche di rabbia. Se i legali di Rutelli fanno sapere che la lettera dell'ex tesoriere è «del tutto inconcludente», un gruppetto di ex dielle (Giacomelli, Grazzi e Mosella) s'incarica invece di mettere a tacere Neri, tacciandolo di aver fatto una «polemichetta a fini di pubblicità personale» e bollando le sue tesi di essere «strampalate e molto gravi».

Ma Neri non si darà per vinto, e ha già annunciato una diffida ai 398 membri dell'assemblea a votare un bilancio «di cui nessuno sa nulla».

Compnenti, dice Neri, di un'«assemblea-truffa» nella quale decidono «solo una cinquantina di ascari del cerchietto magico».

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