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Il Madoff bocconiano che truffava persino i grandi della finanza

Nella sua rete anche Snam e Pirelli. Un raggiro da 700 milioni di dollari

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La ricetta del «professore» aveva del miracoloso. Di fronte al crollo mondiale del mercato finanziario, lui era l'unico a realizzare profitti. Ma Alberto Micalizzi, ex docente all'Università Bocconi, aveva trovato una banale scorciatoria verso il successo: barare. Lui, il finanziere già finito nei guai con la giustizia negli anni scorsi, semplicemente truccava le carte. O meglio, per usare le parole dei pm che ne hanno chiesto e ottenuto l'arresto, «falsificava senza scrupoli i risultati di rendimento dei suo fondi per accreditarsi con comunicazioni entusiastiche ai suoi investitori». Peraltro, non certo sprovveduti. Snam, Pirelli, Jp Moprgan, Ubs, Nomura, solo per citarne alcuni. Una truffa da quasi 700 milioni di dollari che ha portato Micalizzi e altre sette presone in carcere e tre ai domiciliari, mentre per altre quattro è scattato l'obbligo di firma. La Procura di Milano avrebbe dunque scoperto un raggiro colossale a base di obbligazioni-truffa, carta straccia emessa dalla Asseterra inc, società con sede a Phoenix, Nevada, Stati Uniti. Più precisamente, in un parcheggio per roulotte.

Fine corsa, dunque, per quello che le cronache - in occasione dei suoi precedenti arresti, nel 2011 e nel 2013 - avevano già ribattezzato il «Madoff della Bocconi», in onore di di Bernard Madoff, il pirata di Wall Street condannato dalla giustizia americana alla bellezza di 150 anni di prigione. Micalizzi, spendendo il prestigiono nome dell'università economica milanese per accreditarsi di fronte ai suoi potenziali clienti, aveva messo in piedi un sistema in grado di immettere sul mercato un falso bond da 10 miliardi di dollari, su cui gli incauti investitori hanno perso decine e decine di milioni ciascuno, e false fideiussioni garantite da un'obbligazione di Asseterra da 100 milioni di dollari. Ci sono cascate JP Morgan (per 20 milioni), Pirelli (11), Ubs di Monaco (6), la fiduciaria Orefici (25), Ubi Banca (25), Simgest (3), Independent Global Market (5), Nomura (addirittura 100 milioni), Snam Rete Gas (30), la Russian Agricultural Bank di Mosca (20), la Investment Trade Bank sempre di Mosca (20), la finanziaria di Atlanta Ker Capital (61).

Diabolico, Micalizzi, che è anche riuscito a pagare con una falsa fideiussione da 60mila sterline l'avvocato inglese che lo ha difeso quando la Fsa, l'organismo di controllo inglese simile all'italiana Consob, lo ha multato per 3 milioni di sterline e gli ha tolto la licenza in seguito al crac della sua Dynamic Decisions Capital Management ltd. Si tratta della società di gestione di hedge fund che il docente aveva creato in Inghilterra per monetizzare un modello finanziario di sua invenzione e che prometteva il paradiso dei profitti. Il risultato, però, era stato buco nell'acqua. Per dirla con le parole dell'Authority britannica, quelli dell'ex bocconiano furono «tra i comportamenti più gravi che la Fsa abbia mai riscontrato».

Con il fallimento di Lehman Brother - siamo nel 2008 - anche la sua Ddcm partecipò al collasso globale. E quando Micalizzi realizzò di non poter più rendere il capitale che gli investitori chiedevano indietro, si trasformò - scrivono gli inquirenti nella richiesta di arresto - «da incapace a delinquiente». L'ex ricercatore dell'ateneo milanese, sono le impietose parle usate dal gip Stefania Pepe nell'ordinanza di custodia cautelare, ha «una personalità senza scrupoli, incurante delle regole e incline a delinquere». Né hanno avuto alcuna «efficacia dissuasiva» le «vicende giudiziarie che lo hanno visto coinvolto». No, Micalizzi avrebbe reagito all'esplosione della bolla speculativa continuando a investire denaro in modo spericolato.

Ovviamente, denaro altrui.

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