Politica

"Magistrati buoni e belli". Il Cav si morde la lingua e passa l'esame sui pm

Il leader di Fi rispetta i paletti, non affonda sulle toghe e ironizza coi suoi: faccio le prove allo specchio. La Pascale sempre al suo fianco

Roma - «“I magistrati sono buoni, i magistrati sono bravi, i magistrati sono belli”. Lo ripeto ogni mattina davanti allo specchio». Silvio Berlusconi risponde con una battuta a chi gli chiede come farà a seguire le indicazioni del tribunale di Sorveglianza per la campagna elettorale. Tra le prescrizioni , infatti, c'è quella – decisiva – di astenersi da dichiarazioni «offensive» verso la magistratura, pena la revoca dei servizi sociali che si trasformerebbero nei più stringenti domiciliari. E ieri, alla prima apparizione del nuovo corso, il Cav supera la prova.

Certo, che la sentenza Mediaset «è ingiusta» lo ripete senza esitazioni, ribadendo che il fatto di non potersi candidare serve solo a «favorire la sinistra». Ma, quando un giornalista gli chiede se la sua condanna sia figlia di un disegno di certi pm politicizzati, il leader di Forza Italia fa il gesto di chiudersi la bocca con la mano e si limita a un «veniamo alla prossima domanda». Dribbla e glissa l'ex premier, facendo probabilmente più di uno sforzo sulla sua indole che in questi anni di politica lo ha sempre portato a dire in maniera chiara quel che pensava. Invece, niente affondi. Anzi, l'assicurazione che in attesa della revisione del processo «rispetterò volentieri la decisione dei giudici» anche perché il volontariato «lo faccio con piacere».

Parole che devono essere suonate come musica a un Giorgio Napolitano deciso a monitorare la situazione con particolare attenzione. Al capo dello Stato, infatti, deve stare particolarmente a cuore se, appena depositato il dispositivo del tribunale di Sorveglianza con le prescrizioni a carico di Berlusconi, gli uffici del Quirinale si sono mossi per averne una copia in anteprima. Il Colle, insomma, era impaziente di sapere quanto limitata fosse l'agibilità politica di Berlusconi. Che ieri, alla prima uscita pubblica dopo quasi cinque mesi, è riuscito a non oltrepassare i limiti imposti. Con il rischio – inevitabile – di perdere una parte di quella verve che ha caratterizzato le sue campagne elettorali e, soprattutto, le sue rimonte. Ma – prometteva ieri in privato – «Vedrete che in poco tempo prenderò le misure anche a questo» e «Mi giocherò tutto negli ultimi 20 giorni» prima del 25 maggio.

Certo, il fatto che non ne parli non vuol dire che certe cose il Cavaliere non le pensi più. Tanto che, terminata la conferenza stampa, incontra i candidati alle europee per le foto di rito e non perde l'occasione per tornare su «mister Agrama», l'uomo che secondo i legali di Berlusconi dimostrerebbe la «totale estraneità» dell'ex premier.

Mentre Ignazio Abrignani spiega ai candidati i nuovi adempimenti elettorali, l'ex premier invita i suoi ad «andare in tv» e ricordare sempre che «a causa di una sentenza ingiusta Forza Italia è costretta a correre senza che il suo leader si sia potuto candidare». Se non può essere il Cavaliere ad affondare i colpi, almeno che lo faccia chi corre per Strasburgo.

Poi, prima di lasciare piazza San Lorenzo in Lucina, una riunione operativa nella stanza di Denis Verdini con il tesoriere Rocco Crimi. All'ordine del giorno le casse del partito che pare siano già in rosso dopo una recente iniezione di liquidità di Berlusconi. Sono le 18.30 quando il Cav lascia la sede di Forza Italia. Sale in macchina insieme alla compagna Francesca Pascale e all'inseparabile Dudù con tanto di foulard al collo.

Destinazione Milano, con l'incombenza dei servizi sociali alla Sacra Famiglia di Cesano Boscone dove dovrà presentarsi per un primo contatto entro la prossima settimana.

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