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Del Turco: "Un mandante per farmi cadere"

L'ex governatore dell'Abruzzo dopo la richiesta di 12 anni di carcere: «Dai pm una mitragliata mediatica»

Del Turco: "Un mandante per farmi cadere"

Ottaviano Del Turco, il pm ha chiesto 12 anni di galera per lei al processo sulla sanitopoli abruzzese…
«(Ride). Quando l'ho sentito stentavo a crederci. La richiesta è incredibile e abnorme. È finalizzata a coprire una verità processuale che è acclarata e indiscutibile, e cioè che in dibattimento non è emersa alcuna delle “prove schiaccianti” – così le definirono – che furono alla base del mio arresto. Al che mi domando: se nulla hanno trovato su di me (perché nulla potevano trovare) perché non chiedere anche 18 anni, oppure 22 se non addirittura l'ergastolo? Hanno voluto sparare una mitragliata mediatica per far passare il messaggio che io qualcosa debbo averla fatta per forza, che devo aver preso le tangenti di cui parla un imprenditore che in un'altra procura è sotto processo per bancarotta e che secondo i carabinieri, ma non secondo i pm di Pescara, sarebbe dovuto finire lui in galera, non io».

Della «montagna di prove schiaccianti» di cui parlava l'ex procuratore Trifuoggi non è rimasto nulla?
«Niente di niente. La montagna pescarese non ha partorito nemmeno il fatidico topolino. Hanno sbattuto in galera il sottoscritto e hanno fatto cadere un'intera giunta regionale sostenendo che c'erano prove certe, documentate, del passaggio di soldi. E invece controllando (dopo le manette, non prima) sui miei conti correnti, su quelli dei miei familiari, dei miei figli, dei miei amici, svolgendo oltre cento rogatorie internazionali, investigando sui “sospetti” acquisti immobiliari di Del Turco (avvenuti con mutui e con i soldi della liquidazione) non hanno trovato un euro fuori posto. Come ha detto Violante tempo fa, il caso Del Turco sarebbe dovuto finire tanto tempo fa: se non c'è la prova del reato, se non si trova niente nemmeno con una doppia proroga di indagini, il processo è finito, morto. E invece…».

E invece?
«I pm oggi sostengono che se i soldi delle tangenti non si sono trovati allora non vuol dire che Del Turco li ha occultati come farebbe uno spallone qualsiasi, ma li ha fatti scomparire utilizzando l'esperienza come ministro delle Finanze o come presidente della commissione Antimafia. Capite la follia? È come dire che un pm è un assassino perché si occupa d'inchieste con omicidi. La triste realtà è che si sono intestarditi a credere a quest'imprenditore che mi accusa di avergli estorto 6 milioni di euro e che è sotto processo per bancarotta a Chieti, non a Pescara, per averne distratto 200 di milioni. In questo processo parallelo è dimostrata la sua mania compulsiva nello sperperare milioni per acquistare opere d'arte e beni di lusso, sono dimostrate le sue operazioni sospette e spericolate. Di là ci sono riscontri, di qua nemmeno uno. Capite? C'è da impazzire...».

Il 19 luglio c'è la sentenza...
«Più persone mi hanno sconsigliato di presenziare, ma all'arringa del mio avvocato, il dieci luglio, ci sarò. E vorrei che quanti hanno il dovere di informare la pubblica opinione ascoltassero le sue parole per rendersi conto di quanto sia abnorme questa richiesta. Questo errore giudiziario, chiamiamolo così, ha precisi mandanti».

A che cosa, e a chi, si riferisce?
«Tutto è stato ordito fuori, organizzato a tavolino affinché la giunta Del Turco facesse la fine che ha fatto e Angelini, pur autoaccusandosi, si salvasse. Per dirla con Pasolini, io so. So chi è il mandante di questa storia, e lui sa che io so. Non posso dirlo perché al momento non ho le prove documentali di quanto affermo. Solo per questo non l'ho denunciato pubblicamente».

I suoi vecchi compagni di partito si son fatti sentire dopo la richiesta di condanna?
«Tanta gente mi ha chiamato esprimendo solidarietà e indignazione. Soprattutto dal Pd, che come ricorderete fu invece a dir poco latitante e vile nei giorni dell'arresto. Da destra a sinistra, compresi molti giornalisti, si sono detti esterrefatti. Persino il Tg3 ha fatto un servizio equilibrato sottolineando la scarsità di prove raccolte. Anche se in ritardo, mi fa piacere che questi attestati arrivano prima e non dopo la sentenza. Si stanno ricredendo tutti.

Oddio, vista quella richiesta di condanna, proprio tutti tutti non direi».

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