Politica

«Mandiamo Equitalia nei negozi indiani per riavere i marò»

«Prima della cruciale decisione della Corte suprema di New Delhi sulla sorte dei nostri due marò ci vorrebbe una presenza costante, di forte segnale simbolico, dei parlamentari italiani di fronte all'ambasciata indiana. Ci possiamo dare il cambio ogni tot ore per dimostrare la nostra solidarietà ai marò, che devono tornare a casa e far capire ai giudici come la pensiamo. Ovviamente l'idea è aperta ai rappresentanti in parlamento di qualsiasi schieramento».
Lo dice a il Giornale, Ignazio La Russa, ex ministro della Difesa e membro di spicco del Pdl. L'appello è saltato fuori ieri sera, dopo un dibattito sui marò ad Atreju, la festa dei giovani del centro destra vicino al Colosseo. La Russa ha anche ribadito che se la decisione della corte non aprisse le porte al rientro in patria di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre bisognerebbe «ritirarsi dalla flotta anti pirateria al largo della Somalia, da tutte le missioni internazionali dove ci sono soldati di Delhi e mandare gli ispettori di Equitalia ai commercianti indiani nel nostro paese». Al dibattito hanno partecipato il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, il sottosegretario alla Difesa Gianluigi Magri e chi scrive. Fra il folto pubblico di giovani c'erano la sorella e il nipote di Latorre. Entro il 26 settembre la Corte suprema deve decidere sulla richiesta italiana di rilasciare i marò per difetto di giurisdizione e altri motivi legali.
Terzi ha ribadito l'impegno italiano sostenendo che «abbiamo ragioni di dritto da vendere», ma il caso va risolto «sul piano politico e giuridico: ci è stato fatto un torto e vogliamo che venga riconosciuto». Per Terzi l'importante «è rimanere uniti. Non è una questione di parte ma una vicenda di interesse nazionale».
La Russa ha anticipato che in caso di sentenza contraria il governo italiano dovrebbe assumere una posizione più dura. «Prima di tutto vanno fatte rientrare le nostre navi dalla missione europea anti pirateria al largo della Somalia» ha spiegato il rappresentante del Pdl. Per poi rincarare la dose aggiungendo che «andrebbero ritirate le truppe da tutte le missioni internazionali dove al nostro fianco ci sono soldati indiani». In Libano l'Italia ha il comando della missione Onu e sotto il nostro comando c'è un battaglione di caschi blu di New Delhi. Dall'Afghanistan, considerato dall'India una spina nel fianco, stiamo già cominciando il ripiegamento, ma minacciare di andarcene più in fretta potrebbe essere un segnale forte e chiaro non solo per gli indiani, ma pure per i comuni alleati americani.
La Russa ha lanciato anche la proposta di «spedire gli ispettori di Equitalia ai commercianti indiani che vivono in Italia». Il ministro Terzi ha respinto l'idea di qualsiasi forma di ritorsione, ma il governo ha già pronto una serie di accentuate reazioni, per ora segrete, in caso di sentenza sfavorevole. Non solo: a Delhi è volato per la seconda volta Vinod Sahaj, che a nome degli indiani d'Italia si sta battendo per trovare un compromesso che chiuda il caso.

Proprio per evitare reazioni spiacevoli nei confronti dei 120mila indiani che vivono nel nastro paese.

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