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"Marine Le Pen paladina della protesta? Macchè, punta a governare"

Fabio Torriero, curatore italiano del libro Controcorrente della leader del Front National, spiega gli ingredienti della cosiddetta "rivoluzione blu"

"Marine Le Pen paladina della protesta? Macchè, punta a governare"

E' stato il primo a studiare, affrontare e portare Marine Le Pen a Roma. Quando nessuno si sporcava le mani per analizzare la sua comunicazione politica, Fabio Torriero, direttore di intelligonews.it, come già fatto in passato con Nicolas Sarkozy, curava l'edizione del suo libro «Controcorrente» (Edizione Libri del Borghese).

Direttore, come è cambiata nel tempo la percezione pubblica di Marine Le Pen?
«Diciamo che fino a ieri il capo del Fronte nazionale era liquidato come il simbolo transalpino della destra retriva, fascistoide, populista e razzista. Oggi, per incanto - grazie alla forza dei numeri democratici - è diventata il segnale, il segno di un'insofferenza sociale reale nei confronti della crisi economica e dell'inefficienza istituzionale e politica della Ue».

In Italia in molti sono rimasti spiazzati di fronte al suo successo.
«A destra come a sinistra in molti hanno evitato di soffermarsi sulle sue battaglie per non rischiare l'accusa di essere in qualche modo complici. Ma il tema non era la legittimazione o la demonizzazione della Le Pen, era la comprensione di una linea politica che avrebbe prima o poi pagato: l'anti-Ue montante come anti-caste, anti-vecchia politica».

Quali sono gli ingredienti della cosiddetta «rivoluzione blu»?
«Aver posto fine alla dicotomia destra-sinistra. Il suo nuovo bipolarismo da esportare in Europa è "alto contro «basso". Ossia lobby, caste, la global-governance, il governo mondiale dell'economia, regime, Ue (Unione Sovietica europea), euro, banche, finanza, contro popolo».

Un'impostazione populista quindi?
«Un populismo virtuoso che punta a parlare direttamente al popolo. In questo c'è una eredità gollista, ma con la semplificazione del linguaggio politico».

Quali sono le differenze rispetto al padre?
«Innanzitutto il desiderio di andare oltre il Fronte Nazionale, per uscire dalla conventio ad excludendum. La volontà di uscire dagli stilemi dell'anticomunismo e dell'antifascismo. Poi la ridefinizione dello Stato sociale, del pubblico contro le ricette ultraliberiste fallimentari. Il padre da questo punto di vista era più liberista. E poi la distinzione tra immigrazione clandestina, rifugiati e integrazione di qualità. Oltre ai consueti accenti posti sulla sicurezza con la certezza del diritto, della pena e della detenzione».

La Le Pen è ancora accusata di razzismo e xenofobia?
«Marine Le Pen sostiene che la xenofobia è odio verso gli altri, il patriottismo amore verso se stessi. Il FN ha una vocazione a governare, non ha la vocazione a essere un movimento di protesta. E le pulsioni più retrive sono state isolate.

In questo a livello di percezione pubblica paga ancora certe posizioni che appartenevano a suo padre, non a lei».

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