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Matteo batte cassa alla Rai: sborsi 150 milioni

Il premier: "Parteciperà al risanamento. Può vendere Rai Way o riorganizzare le sedi regionali". L'azienda protesta: "Tagliare tutti quei milioni alla tv di Stato significa ucciderla". Il Pd esulta

Matteo batte cassa alla Rai: sborsi 150 milioni

Roma - Affondo, parata e risposta. Matteo Renzi affila la spada e assesta un colpo ben calibrato all'azienda di Viale Mazzini, chiedendo un sostanzioso contributo alla sua manovra e annunciando la scure sui compensi. Nei corridoi della Rai, però, la pletora di dirigenti ad alto reddito prepara le contromosse, i ricorsi e le carte bollate e confida che anche questa volta l'assalto al fortino delle retribuzioni d'oro sfumerà nell'evanescenza del fattore annuncio.

«La Rai è chiamata a concorrere al risanamento con tutti gli altri, con un contributo di 150 milioni di euro» annuncia il premier, spiegando che il Consiglio dei ministri ha «autorizzato la Rai a vendere, se lo vorrà, Rai Way e ha autorizzato a riorganizzare le sedi regionali». «La valutazione la farà la Rai - aggiunge Renzi - ma non è invece nella possibilità della Rai stabilire se partecipare o no al risanamento. Parteciperà con 150 milioni di euro. Il come lo deciderà il Cda della Rai». Insomma: fate un po' come volete, ma tirate fuori i soldi. E dire che soltanto poche ore prima il direttore generale del servizio pubblico radiotelevisivo aveva provato a fare blocco. «Tagliare 170 milioni alla Rai significa ucciderla» aveva detto Luigi Gubitosi. Alla prova dei fatti ha incassato uno sconto di 20 milioni ma, ovviamente, il quadro finanziario non cambia di molto.

Confidenzialmente da Viale Mazzini fanno notare che Renzi non ha avuto il coraggio di procedere al recupero coatto dell'evasione da canone e ha virato sic et simpliciter sulla richiesta di una «tassa Rai», senza esporsi al pagamento di alcun prezzo in termini di consenso.

L'altro nodo intricato riguarda l'equiparazione dei dirigenti Rai agli altri dirigenti pubblici, quelli per i quali scatta il tetto massimo alle retribuzioni per 240mila euro. Renzi a precisa domanda risponde che la sforbiciata riguarda «i dirigenti non gli artisti». Una precisazione che certo non soddisfa i burocrati di viale Mazzini. Secondo voci interne all'azienda in molti sono già pronti a imbracciare le armi legali, a invocare profili di illegittimità, a rivolgersi alla Corte Costituzionale o ai giudici del lavoro, rimarcando la natura «privatistica» dei loro contratti visto che la Rai - anche se in mano pubblica - è comunque una (anomala) società per azioni.

Il Pd, comunque, prova a «vendere» l'operazione come cosa fatta. «La rivoluzionaria decisione del premier Matteo Renzi e del governo sulla Rai dimostra che si cambia verso per davvero, finalmente ora il servizio pubblico radiotelevisivo potrà diventare realmente competitivo a livello europeo» dice Michele Anzaldi, segretario della commissione di Vigilanza Rai. «Dopo aver tenuto banco temi come l'aumento del canone e le nuove assunzioni di manager esterni, ora la musica cambia e la Rai dovrà veramente mettere mano alle inefficenze». Sul fronte di Forza Italia, invece, si ricorda che innanzitutto la coppia Renzi-Padoan potrebbe partire da una misura facile, facile: trasformare la Rai in una casa di vetro in termini di trasparenza dei curricula e dei costi del personale.

Rendendo immediatamente pubblici i compensi di tutti i dipendenti e collaboratori del servizio pubblico.

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