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Il ministro Cancellieri stana il Pd: "Piena fiducia o lascio"

Oggi in Parlamento l'informativa del ministro. DIRETTA SENATO. I dubbi dei renziani e la cautela di Epifani: "Ascolteremo e valuteremo ma è sempre stata brava"

Il ministro Cancellieri stana il Pd: "Piena fiducia o lascio"

Roma - Le mozioni di sfiducia del M5S sono state depositate alla Camera e al Senato e anche Sel e Idv chiedono le sue dimissioni, ma Anna Maria Cancellieri si prepara all'arringa difensiva di oggi pomeriggio in Parlamento sapendo di avere le spalle coperte.
È vero che l'intervento per la scarcerazione di Giulia Ligresti viene usato come una clava soprattutto dai nemici di sinistra delle larghe intese, ma i leader della maggioranza stanno dalla sua parte. Il governo e il Quirinale pure. Le dimissioni, se le ha offerte come si dice, sono già state respinte.

Lei, comunque, ribadisce: «Se il Paese me lo chiederà e se sarò d'ostacolo al governo farò un passo indietro. Non sarò mai un ministro dimezzato». Da Strasburgo, dove ha partecipato al Consiglio d'Europa, anticipa che replicherà «punto su punto ad accuse false». Dice: «Non sono mai venuta meno ai miei compiti per un amico, non sono mai intervenuta sui magistrati». Si è mossa, ricorda, per altri 110 detenuti in 3 mesi. Non rinnega l'amicizia trentennale con Antonino Ligresti (fratello di Salvatore) e precisa che il figlio Piergiorgio Peluso (ex manager Fonsai) in questa storia non c'entra niente. Poi l'invito: «No alla caccia alle streghe, guardiamo ai fatti».
Il Pdl fa quadrato con Sc ma anche nel Pd, dove gli sfidanti per la segreteria guardano al congresso, sembra prevalere la volontà di dire no alle dimissioni. Soprattutto tra i renziani le critiche alla Guardasigilli non mancano, ma il segretario Pd Guglielmo Epifani esprime stima per la sua reputazione: «Ascolteremo e valuteremo. Ciò detto conosciamo la Cancellieri da tanti anni. Ovunque ha lavorato da prefetto, in funzioni delicate, l'ha sempre fatto con grande serietà e tutti ne hanno parlato bene».
Lei, Anna Maria, si mostra ogni volta più battagliera nelle interviste: «Non mi faccio intimidire dal metodo Boffo», assicura riguardo ad un quotidiano che le «attribuisce proprietà mai avute e stipendi mai percepiti», per «alimentare il sospetto di presunti favori che non esistono. O per gettare fango». Si difende attaccando e minacciando querele. E anche tra i suoi difensori c'è chi preferirebbe toni più misurati e magari qualche giustificazione. Considerato che, anche se legittimo, l'intervento per la figlia malata di don Salvatore ha scoperchiato con imbarazzanti intercettazioni il vaso di Pandora di un'amicizia intrecciata ad affari e favori con una famiglia finita quasi in blocco in galera per accuse gravissime. Non proprio l'ideale per un ministro della Giustizia.

Su Twitter il grillino Riccardo Fraccaro la ribattezza: «Cancellieri ministro dell'ingiustizia». Parla di «passo indietro» Claudio Fava di Sel, per l'«improvvida» telefonata. E Ignazio Messina di Idv conclude: «È indifendibile. Si dimetta».
Però, le previsioni sono rosee. Maurizio Gasparri smentisce che il Pdl possa chiedere un rischioso voto segreto sulla mozione di sfiducia: «Impossibile. Il voto palese è fissato da una norma anche di carattere costituzionale».
Niente sorprese, dunque? «Sono sicuro che riuscirà a convincere il parlamento e rimarrà al suo posto», afferma il titolare per gli Affari regionali Graziano Delrio. Dice no al «tritacarne mediatico» il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi e il collega della Difesa Mario Mauro crede che dalla vicenda «il governo non uscirà indebolito bensì più forte». Semmai, per Lucio Malan del Pdl, «rischia più per la legge di Stabilità». Nel Pd i fermenti non mancano, ma sembrano protagonismi senza la volontà di affossare la Guardasigilli e mettere a rischio il governo. Per il renziano Paolo Gentiloni la Cancellieri non dovrebbe parlare di «complotto», ma chiarire i suoi rapporti con i Ligresti.

Gabriele Albertini di Sc spiega che, «paradossalmente», si potevano chiedere le dimissioni della Cancellieri se non si fosse occupata del caso.

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