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Il miracolo di un Paese dove perde l'antipolitica

La foto dell'America è la coda ai seggi della Florida, quando la Cnn ha già dato la vittoria al presidente. Il voto conta a prescindere del risultato: uno schiaffo morale all'antipolitica

La foto dell'America non è quella di Obama che festeggia. La foto è la coda ai seggi della Florida, quando la Cnn ha già dato la vittoria al presidente. L'orario di chiusura dei seggi era stato superato da due ore abbondanti, eppure quella gente stava lì: per un diritto, non per un dovere. Per una scelta. Per dire: voglio votare comunque. Per Obama che ha già vinto, per Romney che ha già perso. È l'idea che il voto conti a prescindere del risultato. È lo schiaffo morale e reale all'antipolitica. Puoi andare in piazza a protestare, ma puoi costruire solo se passi dalle urne. L'America si consegna al presidente uscente, gli chiede di portarla fuori dal tunnel. L'ha scelto perché a suo giudizio è la miglior offerta sul mercato della politica. Romney è stato l'alternativa credibile nello stesso recinto, nella considerazione ultima che non c'è altra risposta che la sintesi di un'idea, un programma, un progetto. Scegli quale, ma scegli qualcosa che esista e soprattutto qualcuno che esista, qualcosa e qualcuno con il quale al limite puoi anche arrabbiarti.

Chi s'è illuso che questa sia l'era del «contro» ha trovato il muro nei 115 milioni di americani che sono andati a votare. Meno del 2008, sì. Ma nessuno s'aspettava che fossero di più. Anzi sono molti più delle attese e delle previsioni: non c'era l'evento come quattro anni fa, non c'era l'happening permanente, non c'era la sensazione della storia che si compie, non c'era neanche lo scontato e banale «io c'ero». C'è stata la voglia di andare a votare. Punto. Per confermare o per cambiare. È l'idea della costruzione che sconfigge la distruzione dell'antipolitica. Un anno fa, in molti erano convinti che questa sarebbe stata l'elezione dei movimenti di piazza. Si parlava di Occupy Wall Street come del fenomeno che avrebbe condizionato le urne, si prevedeva il disfacimento della politica a favore dell'antipolitica, della piazza megafonata che raccontava la retorica del 99 per cento di giusti, contro l'1 per cento di farabutti e mascalzoni. I giornali e le tv hanno dato spazio a questi movimenti oltre la sufficienza e a volte anche oltre la decenza, eppure la gente li ha scacciati dalla propria testa. Semplicemente irrilevanti. Semplicemente ridicoli. Che cosa porta l'antipolitica? Zero. È la sconfitta dei Grillo d'America, a cominciare da Naomi Klein, la guru anti-globale che sogna un mondo senza finanza e senza capitale. È la sconfitta dell'ambientalismo estremista che odiava sia Obama sia Romney perché prima delle energie alternative pensano che si debba usare petrolio e gas.

È la sconfitta anche di un bel pezzo del Tea Party, quello che ha saputo usare soltanto il «contro»: contro le tasse e ok, contro lo stato e ok, contro Washington e ok, contro i candidati e ok. Ma a un certo punto i contro finiscono e devi trovare un mattone da mettere sull'altro. Se non ce l'hai sei niente, sei una parentesi: raccogli l'incazzato globale che ce l'ha indifferentemente con il parlamentare mangione e il banchiere di Wall Street e poi ti sgonfi. L'America non sceglie mai contro: sceglie sempre per. Se vuoi guidare questo Paese che, piaccia o no guida ancora l'Occidente, devi avere una proposta. Oggi puoi anche dire che quella di Obama è scadente, è fuffa, è un bluff. Però per quanto piccola c'è. E lo stesso vale per Romney che già alle primarie repubblicane aveva mostrato come il mondo «anti» non avesse sbocco: se avesse voluto contare qualcosa, avrebbe comunque dovuto fare riferimento a uno come lui. Uno tradizionale, uno serio, uno credibile. D'accordo ha perso: lo processino, ma tanto non c'era alternativa. Ogni ipotesi di candidato portato da quella parte più destrorsa dell'antipolitica sarebbe stato peggio di lui. Volevano il cappotto? Prego. Persino il web che da noi, come altrove, viene spacciato per la realtà dove la politica non esiste più, dove funzionano i pirati che cambieranno il mondo prendendolo a picconate e a insulti, ha scelto al contrario: il tweet di Obama che annuncia la sua vittoria è il più ritwittato della storia. Dettaglio? Sarà. Oppure, come da tradizione dell'antipolitica cialtrona, sarà merito di qualche congrega lobbistica che s'è impossessata momentaneamente di internet. La verità che fa male è quella più semplice: la piazza, reale o virtuale, è una delusione.

I suoi guru sono burattinai con se stessi come burattini.

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