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Le modelle vivono da schiave: «Basta lavorare 20 ore al giorno»

Vogue Inghilterra e il sindacato firmano un patto che prevede un limite di dieci ore, pause e il permesso di mangiare sul set

Le modelle vivono da schiave: «Basta lavorare 20 ore al giorno»

Londra - Mai più al lavoro al di sotto dei sedici anni, un tetto massimo per le ore lavorative garantito, uno snack tra un servizio e l'altro, niente scatti rubati mentre ci si cambia o si fa la pipì. Le vostre figlie sognano di fare le modelle e l'idea non vi aggrada? Provate a mostrar loro i dieci punti dell'accordo appena siglato tra Vogue Uk e il sindacato delle modelle Equity, magari cambiano idea. O almeno potranno rendersi conto che cascare in passerella da tacchi altezza 18 è il minimo che può capitare a un'aspirante Kate Moss. Perché è abbastanza naturale, da comuni mortali non addetti ai lavori, pensare al mondo della moda come ad un luogo fantastico popolato di fanciulle eteree trattate come dive da stilisti, fotografi e giornalisti del settore. Giovanette felici come Pasque a cui una grazia improvvisa ha concesso il dono di viaggiare dovunque, conoscere gente incredibile e guadagnare un sacco di soldi. A quanto pare, le cose non stanno proprio così. Lo dimostra proprio l'iniziativa voluta da Equity a cui il Vogue britannico ha aderito, che stabilisce un decalogo etico per un trattamento più umano delle modelle. Una svolta considerata storica e salutata con entusiasmo da una parte degli operatori del settore, anche perché si propone di regolamentare un mercato sempre più agguerrito e spregiudicato e di restituire un'immagine più sana di un lavoro che ormai ha raggiunto estremi inaccettabili. Basta dare una rapida occhiata ai dieci punti elencati nell'accordo per rendersi conto che molti sono dettati dal comune buon senso. Insomma, una regola che garantisce il diritto a mangiare tra una sfilata e l'altra sembra quasi un pesce d'aprile. «In che senso possono mangiare?», Vien da chiedersi. Nel senso che quasi sempre il cibo durante l'orario di lavoro non è un'opzione considerata, a quanto pare. Anche il massimo di dieci ore lavorative lascia un po' interdetti.

Ma la modella non era quella sventola che si presenta in ritardo sul set fotografico, disperata perché si è scoperta un foruncolo sul mento, fa quattro mossettine eppoi se ne va a scegliere una borsa griffata con quello che ha guadagnato? No ragazze, quelle sono un'altra categorie di modelle, le Top Model. Le altre, tutte le altre, hanno la «m» minuscola, lavorano anche venti ore al giorno senza poter buttare giù una merendina da schifo, devono rimanere immobili in bikini di fronte all'obiettivo quando fuori ci sono due gradi, vengono pagate in ritardo e spesso chi le retribuisce si «dimentica» di mettere in conto i rimborsi per i viaggi. Che tanto sono andate in posti da urlo a farsi una vacanza, mica vorranno anche i soldi dei biglietti aerei.

Incredibile anche il divieto di spiarle e fotografarle mentre si cambiano d'abito e si accasciano sulla tazza del water più per sfinimento che per necessità, per poi venir sbattute a loro insaputa su qualche giornaletto di seconda categoria che mostra il «dietro le quinte»? Roba da tratta dalle schiave che invece è prassi consolidata in passerella. Ora che Vogue ha sottoscritto il decalogo vedremo se la moda lo osserverà.

Intanto le vostre figlie sono avvertite.

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