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Monti prova a tassare Google ma s'inceppa sul nuovo fisco

Monti prova a tassare Google ma s'inceppa sul nuovo fisco

I l governo si sveglia su Google, si muove per fare pagare le tasse in Italia al motore di ricerca più utilizzato del pianeta. Ma, sempre sul versante fiscale, inciampa e va al rallentatore su vicende più domestiche. Ad esempio la delega attesissima dalle imprese perché semplifica un po' la vita alle aziende tartassate (senza peraltro fare calare la pressione) e altre misure che rischiano di allungare la lunga lista di riforme annunciate e mai attuate della storia italiana.
Che l'attenzione del fisco si stava spostando sulla società era cosa nota, ma ieri il ministero dell'Economia è sceso nei dettagli e ha spiegato che nel quinquennio 2002-2006 a carico di Google Italia risultano «elementi positivi di reddito non dichiarati per un importo di oltre 240 milioni di euro» da parte di Google Italia, nonché una Iva «relativa e dovuta per un importo pari ad oltre 96 milioni di euro». Dati che provengono da accertamenti svolti dal nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Milano.
Un'offensiva che non è solo italiana (la Francia ci ha preceduto) e che è destinata ad allargarsi ad altri colossi del web. Il nodo è lo stesso, i giganti del web raccolgono pubblicità in Italia, attraverso le filiali locali, e fatturano nelle sedi più vantaggiose dal punto di vista fiscale. Nel caso di Google, secondo il fisco la società italiana ha dichiarato solo le provvigioni percepite a fronte delle prestazioni rese prima alla Google inc. e poi la Google Ireland. E non invece l'intero volume commerciale sviluppato.
Tra la società italiana di Google e quelle estere c'è un contratto di servizio «artatamente posto in essere con la sola finalità di simulare l'esercizio da parte di Google Italy Srl di una mera attività ausiliaria e preparatoria che non ha tuttavia trovato alcun riscontro negli elementi di fatto acquisiti». Secca e breve la replica della società che controlla il motore di ricerca quasi monopolista: «Google rispetta le leggi fiscali in tutti i Paesi in cui opera e siamo fiduciosi di rispettare anche la legge italiana», ha spiegato un portavoce. «Continueremo a collaborare con le autorità locali - afferma il portavoce della società - per rispondere alle loro domande relative a Google Italy e ai nostri servizi».
Una partita complessa. Mai quanto districare il groviglio parlamentare che rischia di affossare diverse riforme annunciate e varate dal governo.
La principale è sicuramente la delega fiscale. Ieri, prima Confindustria e poi le altre associazioni di impresa, (Abi, Ania, Alleanze delle cooperative e Rete imprese Italia) hanno chiesto di sbloccare il provvedimento che martedì è stato rispedito dall'aula del Senato alla commissione Finanze. Il ministro dell'Economia Vittorio Grilli, ha auspicato che lo stop «sia soltanto una pausa» e si è impegnato per trovare insieme ai gruppi parlamentari «un percorso che sia nei tempi utili per finalizzare questo provvedimento».
I termini per gli emendamenti sono stati riaperti e il governo conta ancora di fare arrivare al traguardo il provvedimento che prevede la riforma del catasto, facilitazioni attraverso regimi forfettari per le imprese individuali, la riforma del catasto.
Tra le novità di ieri, un emendamento prevede lo stop all'affidamento a privati della riscossione dei tributi dei Comuni, i quali dovranno svolgere l'attività direttamente, o ricorrendo al Consorzio Anci, che si avvale di Equitalia. Infine una conferma, comunicata direttamente dal ministero dell'Economia. Il termine per le dichiarazioni Imu è slittato dal 30 novembre al 4 febbraio, per effetto di un emendamento al taglia spese.

Il termine per il saldo dell'imposta più odiata dagli italiani, resta comunque al 17 dicembre.

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