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Monti in Senato si autocelebra e nasconde il flop di Bruxelles

Nel suo intervento il premier ha sorvolato sui tanti buchi neri. "Avanti fino al 2013"

Monti in Senato si autocelebra e nasconde il flop di Bruxelles

Roma - Monti bluffa e nasconde il flop di Bruxelles. Il premier si presenta in Senato per riferire dell’esito del recente vertice europeo di Bruxelles ma abilmente dribbla tutti i punti critici e i nodi ancora non risolti. Manco fosse Messi. Preferisce l’autoelogio. «Ho picchiato i pugni sul tavolo», dice senza dirlo esplicitamente il Professore perché detesta questa espressione figurata: «Alcuni, in Parlamento, mi hanno chiesto di andare a battere i pugni sul tavolo. Se si facesse davvero così, forse il tavolo vibrerebbe un po’ ma non si otterrebbero risultati; se invece si intendeva l’impegno per un’azione serrata credo di aver interpretato la volontà del Parlamento». Però Monti sorvola sui tanti buchi neri posti dal vertice. «Non mi soffermo sui dettagli tecnici ma do un giudizio politico dell’esito del vertice». Quindi non si sofferma sul problema del ruolo della Bce che dovrebbe diventare prestatore di ultima istanza per interrompere immediatamente la speculazione. Non si sofferma sull’entità del fondo salva Stati, appena 500 miliardi di euro, che fanno sì che l’arma antispread sia più che altro una cerbottana piuttosto che un bazooka. Non si sofferma sui recenti veti dei Paesi rigoristi, Finlandia e Olanda, che hanno già fatto sapere di voler disintegrare il cosiddetto scudo antispread, affermando solo: «Proveremo a superare le obiezioni di questi Paesi che hanno una certa insofferenza nei confronti dei meccanismi di stabilizzazione». Non si sofferma sugli eurobond, che restano vietati perché la Merkel non li vuole almeno finché è in vita e giudica già un trionfo averli menzionati perché «fino a qualche tempo fa erano considerati un tabù». Non si sofferma sull’entità degli investimenti stabiliti con il patto per la crescita, 120 miliardi, noccioline, fondi già stanziati ma che cambiano soltanto destinazione. Non si sofferma su quando e come potremmo azionare lo scudo antispread rimandando ai prossimi incontri internazionali: «Bisognerà passare alla formulazione nell’eurogruppo del 9 e forse anche del 20 luglio per cristallizzare e consolidare il tutto».
Monti poi ripercorre le complicate ore del vertice Ue e si autocelebra rievocando l’innegabile vittoria molto politica e poco tecnica del summit: «Possiamo dirci molto soddisfatti». Ma i problemi restano in campo. E Monti lo sa bene. Lo spread resta più o meno stabile, infatti. Un «incubo». Ma il Professore dà questa spiegazione: «Otto o 10 anni fa, nella prima fase dell’euro, i mercati hanno dormito e senza causare spread tra gli Stati hanno fatto cullare nell’illusione che la qualità del debito fosse la stessa». Ma le cose sono cambiate: «Poi - dice il premier - i mercati si sono svegliati, hanno avuto degli incubi, e hanno fatto avere incubi a investitori e risparmiatori. Ma non sono un perfetto misuratore dei progressi di un Paese». Insomma, per il Professore gli spread attuali non sono attendibili. E lo dice chiaro e tondo: «I mercati non vanno né demonizzati né angelizzati, perché non esprimono sempre la migliore valutazione economica». La sua ricetta: «Ecco perché - dice Monti - serve quella migliore governance che abbia strumenti di disciplina ma anche capacità di valorizzare il mercato con occasionali interventi di stabilizzazione».
Poi un auspicio che contiene la data di scadenza del suo governo: «Spero che nei pochi mesi che rimangono, fino alla primavera del 2013 naturalmente, il governo possa interagire con il Parlamento, con il vostro appoggio e la vostra fiducia - dice il Professore -. E speriamo che questo avvenga in una prospettiva più serena nei prossimi tempi».
Ad affondare il coltello nella piaga, però, il senatore dell’Italia dei valori Felice Belisario che non fa sconti: «Adesso che s’è consumato il rito dei salamelecchi, vorrei poter dire che la crisi è superata. Ma non è così. E lei lo sa. La settimana scorsa a Bruxelles la montagna ha partorito il topolino.

Molto fumo e poco arrosto a dispetto della cortina fumogena di certa stampa».

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