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Monti terrorizzato dall'idea di fallire

La Merkel non vuole fare concessioni, ma Hollande invocherà più flessibilità. L'obiettivo di Monti è questo: non conteggiare nel deficit le spese fatte per gli investimenti

Monti terrorizzato  dall'idea di fallire

Roma - Monti arriva a Bruxelles per l’eurogruppo con gli incubi. Tragedia greca, corrida spagnola, spread italiano che schizza a livel­li da paura. Male. La situazione è da cardiopalma e più passano le ore, più aumenta il rischio di do­ver fare un’altra manovra. Questo è il terrore del premier, consape­vole che un’ulteriore stangata per dovere tenere i conti a puntino po­trebbe ammazzare definitiva­mente la nostra economia. Già il bollettino della Banca d’Italia par­la chiaro: le entrate diminuiscono nonostante le tasse aumentino e il debito pubblico lievita. Un disa­stro. Ma le regole sono regole e il Professore non ha certo intenzio­ne di stracciare il famoso fiscal compact (le nuove regole sul pa­reggio di bilancio), fortissima­mente voluto dalla Merkel, né di chiederne una rinegoziazione.

Il rigore è necessario, continua a ripetere il premier. Ma non suffi­ciente. Due le direttrici di Monti: abbinare la crescita all’austerità; e, strettamente collegato a que­sto, pigiare sul tasto della golden rule . In pratica si cerca il via libera in ambito Ue per non conteggia­re, nel calcolo del deficit, le spese per gli investimenti: una via me­di­ana tra la radicale richiesta di ri­negoziazione delle norme sul pa­reggio di bilancio (la tentazione di Parigi) e lasciare tutto com’è adesso (la tesi di Berlino). Biso­gna, tuttavia, fare i conti con l’in­transigenza tedesca. Anche se frau Merkel ha preso uno schiaffo­ne elettorale, non sembra dispo­sta a concedere troppa flessibili­tà. Teme che sia il lassismo a dare pessimi segnali ai mercati, favo­rendo così la speculazione finan­ziaria. E la Germania può contare su alcuni alleati pesanti, tra cui Olanda, Lussemburgo, Austria e Finlandia: i cosiddetti virtuosi del club della «tripla A». A premere sulla cancelliera, però, tutti gli al­tri Paesi desiderosi di allentare un po’ le maglie del rigore. Piigs: Stati maiali (ossia Portogallo, Italia, Ir­landa, Grecia e Spagna, ndr ) ma non solo.

Anche la nuova Francia di Hol­lande si appresta a sbattere i pu­gni sul tavolo al grido «di solo rigo­re si crepa». Parigi sta con Roma nel chiedere la golden rule , i project bond , la ricapitalizzazione della Banca europea per gli inve­stimenti. Solo questa sembra esse­re la via d’uscita per il premier, ter­rorizzato che - visto come vanno le cose- potrebbe essere costretto non solo ad aumentare l’Iva ma addirittura a ragionare su come raggranellare altri quattrini. In­somma, lo spettro di un’altra pa­trimoniale dopo quella sul matto­ne, decisa con l’Imu.

Ma mentre le liturgie di Bruxel­les proseguono a passo di luma­ca, i mercati bruciano miliardi al­la velocità della luce. L’Europa di­scute a oltranza sul caso Grecia, nel tentativo di tenerla nell’euro ma sembra che la finanza abbia già scommesso sul patatrac. È il ca­so Atene a tenere banco a Bruxel­les. La situazione sembra di stallo perché i partiti ellenici non riesco­no a mettere in piedi un governo capace di garantire il rispetto de­gli accordi internazionali. Senza accordo, addio prestiti e Atene fuori dall’euro.La situazione è in­garbugliata anche perché, se si do­vesse tornare a votare, non è affat­to scontato che l’esito sarebbe quello sperato: un governo di coa­lizione capace di rassicurare i partners internazionali.

L’ipotesi di un ulteriore aiuto ad Atene pare accantonato ed è lo stesso ministro delle Finanze te­desco, Wolfgang Schaeuble, a dir­lo chiaro e tondo: «Abbiamo già fatto grandi sforzi, il massimo pos­sibile. E non vedo che cosa si sa­rebbe potuto fare di più in termini di contenuto».

E poi la Spagna, l’altro malato europeo. Sopra il cielo di Madrid si stanno addensando dense nu­bi: il rapporto deficit-Pil, senza in­terventi correttivi, è destinato a re­stare oltre il 6% nel 2012 che nel 2013. Addio pareggio di bilancio, quindi. E potrebbe andare ancora peggio a causa dei soldi che Ma­drid dovrà tirare fuori per evitare il collasso delle suo sistema banca­rio, in crisi nera.E se ormai per Ate­ne si ra­gione in termini di una pos­sibile uscita dall’euro, per Madrid l’Europa non se lo può permette­re. Facile che si prenda tempo, quindi.

Mentre si resta sulle mon­tagne russe.

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