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Mose, fango contro Forza Italia

Accuse ai vertici azzurri. Tirato in ballo anche Gianni Letta. Che querela: "Io sempre corretto e trasparente"

Mose, fango contro Forza Italia

Adesso è partita la caccia agli uomini di Silvio Berlusconi. Frugando nel mare magnum dei sedici faldoni e delle oltre 110mila pagine la stampa progressista sta portando avanti un gioco sporco pur di colpire nomi illustri legati a Forza Italia. Così dopo la richiesta d'arresto per l'ex ministro Giancarlo Galan ecco alzare il tiro gettando fango su Gianni Letta, Niccolò Ghedini, Renato Brunetta e Giulio Tremonti. Nessuno è indagato, ma i castelli di sabbia costruiti ad arte mirano solo a screditare l'entourage più vicino al Cavaliere. Accuse, insinuazioni e rumor che hanno fatto scattare una raffica di azioni legali.

Di concerto Corriere della Sera, Repubblica e Fatto Quotidiano hanno affilato le armi e hanno affondato con violenza fendenti a destra e a manca. Sullo sfondo l'inchiesta sul Mose, il sistema di dighe mobili per la salvaguardia di Venezia, che la settimana scorsa ha fatto scattare le manette per il sindaco Giorgio Orsoni. Un attacco incrociato a spostare il tiro delle indagini. Dalla rete "rossa", che ha a lungo divorato milioni di euro destinato alla grande opera, ai vertici di Forza Italia. Gianni Letta viene tirato in ballo sia da Claudia Minutillo, ex segretaria di Galan, sia da Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani spa che dopo essere stato arrestato nel 2013 ha iniziato a collaborare con la procura di Venezia. Si parla di fondi neri. "Abbiamo dato soldi - dice Baita - a Forza Italia, al Pdl milanese, a Giancarlo Galan, a Niccolò Ghedini, Renato Brunetta, Pietro Lunardi, Altero Matteoli, Giorgio Orsoni". Secondo la ricostruzione del Corriere della Sera, parte di quei fondi neri Giovanni Mazzacurati, ex presidente del Consorzio, "li faceva avere a Roma a... in particolar modo credo a Gianni Letta". Per Repubblica, addirittura, Letta diventa "il direttore del traffico", il deus ex machina che "indicava le ditte da scegliere". Ed è qui che viene tirato in ballo pure Pietro Lunardi.

Più il nome è eccellente, più la stampa progressista spara nel mucchio, sempre per colpire il centrodestra. Ma il teorema non regge. Non solo non viene configurato né ipotizzato alcun reato, ma vengono addirittura trasformati normali contatti istituzionali in una richiesta o, peggio, in un versamento. A pagina 499 la famosa Ordinanza sul Mose riconosce, infatti, che quei contatti sono "del tutto privi di rilievo penale, non risultando alcun tipo di richiesta, ma risultando esclusivamente un interessamento rispetto ad un importante opera quale il Mose, rientrante nella fisiologia dei rapporti politico-istituzionali". Non è certo la prima volta che il nome di Letta viene citato in una delle tante inchieste che riempiono le cronache degli ultimi mesi. "È ovvio che lo sia - spiega l'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio - negli anni di Governo, mi sono occupato di tante vicende, certo di tutte le più importanti, ma solo per dovere di ufficio e per le responsabilità connesse alla funzione ed al ruolo". Letta ci tiene, infatti, a spiegare di aver sempre lavorato "con spirito rigorosamente istituzionale, nella più assoluta correttezza e trasparenza, senza mai venir meno ai principi di onestà, di lealtà e di responsabilità". Insomma, nel pieno rispetto della legge e dell’ordinamento.

L'obiettivo è andare a colpire Berlusconi. Così, il Fatto Quotidiano tira in ballo William Colombelli e la sua società Bmc per colpire i vertici del Pdl milanese e, in particolar modo, Ghedini. Notizie che il parlamentare azzurro non tentenna nemmeno un secondo dal definire "del tutto inventate". "Se dovesse essere provato, ma è impossibile, che un solo euro mi fosse pervenuto per la mia attività politica per la quale ho sempre pagato personalmente - assicura - sono pronto a dimettermi immediatamente da senatore". E per questo si muoverà per via giudiziaria: "Per la portata gravemente diffamatoria dell’articolo si procederà nelle sedi competenti". Nei verbali, infatti, Baita non ha mai prospettato che direttamente o indirettamente sia stato fatto pervenire del denaro all'avvocato del Cavaliere. Basta leggere bene le carte, infatti, per capire che il teorema montato ad arte per stornare l'attenzione dai veri colpevoli fa acqua da tutte le parti.

Tuttavia, l'obiettivo (come al solito) è stato raggiunto: infangare Berlusconi e i vertici di Forza Italia con accuse inesistenti.

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