Cronache

Il mostro di Firenze è un idraulico: ho fatto una bischerata

Ha 55 anni. La madre al momento dell'arresto gli urla: "Sei tu l'assassino?". E lui: "Ho agito per rivalsa". Incastrato da Dna e telecamere

Il mostro di Firenze è un idraulico: ho fatto una bischerata

Roma - Andrea Cristina Zamfir è morta a 26 anni per trenta euro. Polizia e carabinieri ieri, a quattro giorni dall'omicidio, hanno fermato la belva che ha seviziato e ucciso la giovane romena, trovata «crocefissa» il 5 maggio scorso a una sbarra sotto un cavalcavia, tra Firenze e Scandicci. È Riccardo Viti, idraulico fiorentino di 55 anni, che vive con la moglie, una signora dell'Est e il figlio di lei, in un appartamento comunicante con quello dei genitori, alla periferia nord di Firenze, nei pressi dell'ospedale di Carreggi. Il killer, ancora una volta, è «l'uomo della porta accanto», insospettabile, incensurato, capace di tramutarsi in un attimo nel mostro. Una personalità contorta, che si eccita solo nel vedere qualcuno soffrire e che non ha mostrato pentimento al momento dell'arresto, avvenuto all'alba mentre era nella sua abitazione, al secondo piano di un palazzo di sei piani in via Locchi. L'uomo è fortemente indiziato anche per altri nove episodi di violenza su prostitute e il suo profilo genetico, coincide con il Dna rilevato sul luogo dell'omicidio, e con quello trovato in tre casi simili, in particolare dove un'altra lucciola nel marzo 2013 venne ritrovata legata ma viva: era «crocefissa» a una sbarra con lo stesso nastro adesivo bianco e verde che riportava la sigla dell'ospedale di Careggi usato per bloccare Andrea Cristina.

A dare una svolta alle indagini è stata la testimonianza di un agente del 113 (ora in servizio alla mobile), che si è ricordato di un intervento in strada tra il 30 aprile e il 1 maggio 2012, per una lite tra una prostituta e un cliente, scaturita dal rifiuto della donna di sottoporsi un particolare gioco sessuale. Gli investigatori hanno incrociato i dati anche ascoltando altre lucciole che dal 2006 a oggi avevano presentato denunce per sevizie e aggressioni. Determinanti, anche le immagini delle telecamere, che hanno permesso agli inquirenti di ricostruire il percorso dell'auto del killer, una Fiat Doblò, dal momento in cui ha preso a bordo la romena fino all'arrivo in via del cimitero di Ugnano, dove lunedì è stato ritrovato il cadavere. L'auto, parcheggiata nei pressi dell'abitazione di Viti, è stata sequestrata, e in casa è stato trovato il nastro adesivo e parte del bastone con cui ha violentato la ventiseienne, mentre l'altro pezzo di legno era nel corpo della giovane.

«Non ci credo, sei tu il mostro di Ugnano!...», ha gridato la madre di Viti, mettendosi le mani nei capelli. «Ho fatto una bischerata, non volevo uccidere - le ha risposto con addosso lo stesso giubotto indossato quella sera -. Speravo la trovassero come le altre». Poi ha aggiunto: «Faccio questa cosa per un senso di rivalsa. Verso cosa? Boh, non so, mia madre è una brava donna». «Viti ha ammesso di essere responsabile di altri fatti - ha detto il pm Paolo Canessa -. Non ha una memoria precisa di quanti, ne ricorda 3-4 episodi, forse di più. Ha una tendenza sessuale particolare, si soddisfa sessualmente vedendo soffrire, un sadismo nato ricordando fumetti letti da ragazzo». Per lui l'accusa è omicidio volontario aggravato dall'atto sessuale, sequestro di persona e violenza sessuale. Nel confessare ha dichiarato di essere «andato oltre» con Andreea Cristi e di procedere nel s gioco erotico solo quando aveva il consenso delle prostitute, mentre se qualcuna reagiva, «scappava, andava via» e le lasciava lì sul posto. La vittima, secondo gli amici, si prostituiva ogni tanto per dar da mangiare ai figli, di 4 e 2 anni. «Sarebbe dovuta tornare oggi in Romania - ha detto piangendo il compagno, Jean Ion Manta -.

Avevano problemi economici e quella sera uscì di casa dicendo che andava a un colloquio per fare la baby sitter».

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