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Napolitano grazia Letta

Il Colle benedice il Milleproroghe: "Reiterazione motivata dall'urgenza". Brunetta lo inchioda: "Proibito dalla Consulta"

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il premier Enrico Letta
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il premier Enrico Letta

Il premier Enrico Letta prova a mettere una pezza al brutto pasticcio fatto col decreto "Salva Roma". E il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è già disposto a graziarlo. Giusto una tiratina d'orecchie a parlamento e governo e l'invito a tenere il "massimo rigore" nel decidere l’ammissibilità degli emendamenti ai decreti legge nel corso del loro esame in parlamento. Ma sull'ammissimibilità del Milleproroghe è disposto a chiudere un occhio. Tanto da andare contro anche alla Corte costituzionale.

Durante la conferenza stampa tenuta al termine del Consiglio dei ministri, Letta ha in qualche modo prevenuto il capo dello Stato spiegando che "l'ingorgo" che si è creato nell’attività legislativa degli ultimi giorni dimostra che "il processo legislativo in Italia non è all’altezza di una democrazia moderna, in grado di funzionare come si conviene". "Il 2014 è l’anno in cui bisogna dotare il paese di un processo legislativo più lineare - ha spiegato il premier - servono riforme che tengano conto delle difficoltà nel rapporto tra il governo e i due rami del parlamento". Ma per Napolitano le promesse di Letta non sono sufficienti. Così, in un messaggio alla Camera letto in Aula dalla presidente Laura Boldrini, ha preso spunto dall'ultima figuraccia fatta dall'esecutivo col "Salva Roma" e i suoi "dieci articoli aggiunti per un totale di novanta commi" per ricordare che il limite nella reiterazione di norme nel decreto Milleproroghe è "individuato nell’insorgere di nuovi motivi di necessità e urgenza". Dopo aver citato sentenze della Consulta e propri precedenti interventi in materia, ha quindi rinnovato l’invito ad "attenersi nel valutare l’ammissibilità di emendamenti ai decreti legge a criteri si stretta attinenza all’oggetto del provvedimento, anche adottando opportune modifiche dei regolamenti parlamentari".

La difesa d'ufficio del capo dello Stato ha messo in allarme l'opposizione che, nelle ultime ore, sono tornate a chiedere chiarezza su quanto accaduto fra il 23, giorno della fiducia sul decreto, e il 24 dicembre, giorno dell’annuncio del ritiro dopo un teso faccia a faccia tra Napolitano e Letta. Per Renato Brunetta il ritiro del decreto "Salva Roma" e la riproposizione di alcune sue norme nel Milleproroghe è, infatti, il segno di un "collasso logico" del governo. "Non era mai accaduto nella storia della Repubblica che un decreto fosse lasciato decadere il giorno dopo aver incassato la fiducia", ha detto ai cronisti il presidente dei deputati azzurri ricordando che la reiterazione è proibita dalla Corte costituzionale. Uno strappo istituzionale che spingerebbe la Lega Nord a sostenere l’impeachment del capo dello Stato invocato da Beppe Grillo.

La diffida a Napolitano arriva da Roberto Calderoli che lo ha invitato a "non firmare decreti con contenuti uguali a norme di dl decaduti o ritirati".

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