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Napolitano impone gli F35 e scoppia la bomba nel Pd

Il Quirinale riunisce i vertici dello Stato e delle Forze armate: "Il Parlamento  non può bloccare le scelte dell'esecutivo". Democratici spaccati, i grillini insorgono

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Roma - Gli F35? Deciderà Palazzo Chigi. Certo, il Parlamento è sovrano, può «sindacare», può dire la sua sui «programmi di ammodernamento delle forze armate», ma siccome si tratta di «scelte operative», l'ultima parola spetta a Palazzo Chigi. A stabilirlo è il Consiglio superiore di Difesa, riunito in seduta plenaria al Quirinale. Le prerogative delle Camere, si legge infatti nel comunicato finale, non possono «tradursi in un diritto di veto su provvedimenti tecnici che, per loro natura, rientrano nelle responsabilità costituzionali dell'esecutivo». Malumore forte e diffuso nel Pd verso il Colle, polemica sui caccia americani che si riaccende.

Quasi 400 voti a favore, 149 contrari. Solo una settimana fa, dopo un lungo e faticoso lavoro diplomatico, la maggioranza era riuscita a disinnescare la miccia approvando una mozione che impegna il governo a «non procedere a nuove acquisizioni» senza il via libera del Parlamento e senza prima «un'indagine conoscitiva» di sei mesi. Una non-decisione, della polvere sotto il tappeto. Ecco invece che si riunisce il Consiglio superiore, «organo di rilevanza costituzionale», presieduto da Giorgio Napolitano, e cambia tutto. Attorno al grande tavolo ovale al centro della Sala degli arazzi di Lilla, accanto al capo dello Stato e al segretario generale Donato Marra, c'è mezzo governo: il premier Enrico Letta, i ministri Angelino Alfano, Emma Bonino, Fabrizio Saccomanni, Mario Mauro e Flavio Zanonato, il sottosegretario alla Presidenza Filippo Patroni Griffi. Gli unici due militari sono il capo di stato maggiore della Difesa, l'ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, e il segretario del Consiglio, il generale Rolando Mosca Moschini.

Il consesso partorisce un comunicato piuttosto duro. Parte riaffermando «il ruolo insostituibile delle forze armate», che deve essere «in linea con gli impegni internazionali», sia pure «con una sensibile riduzione di presenze e oneri». Prosegue spiegando che, nonostante «le risorse limitate», bisogna «essere in grado di far fronte efficacemente alle esigenze di pace e sicurezza». E conclude proponendo un'altra interpretazione della legge 244 del 2012, quella citata dalla mozione di maggioranza. «Per quanto riguarda le necessità conoscitive e di eventuale sindacato delle commissioni Difesa, il rapporto fiduciario non può che essere fondato sul riconoscimento dei rispettivi distinti ruoli». Dunque, il Parlamento si occupi degli indirizzi e lasci al governo le questioni «operative».

I grillini parlano di «schiaffo alle Camere». «Noi - sostiene il capogruppo a Montecitorio Riccardo Nuti - dobbiamo solo ratificare i provvedimenti dell'esecutivo». Il Pdl invece approva. «Il rispetto dei ruoli tra organo dello Stato superiore - dice Elio Vito, presidente della commissione Difesa della Camera - consente al Parlamento il pieno esercizio delle sue prerogative». E il Pd si lacera. Giampiero Scanu afferma che «il Parlamento ha una competenza primaria e che la sua sovranità non può essere derubricata». Pippo Civati definisce il fatto «di estrema gravità». Gero Grassi invoca «la libera scelta». Ma Nicola Latorre si smarca: «Un Paese industriale moderno come il nostro che fa parte di un consesso internazionale deve riqualificare il sistema della Difesa, non smontarlo. È una polemica pretestuosa».

Il Consiglio supremo di difesa è un organo di rilievo costituzionale presieduto dal presidente della Repubblica e - secondo la legge del 28 luglio 1950 numero 624 sull'«Istituzione del Consiglio supremo di difesa», pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 28 agosto 1950, ha il compito di esaminare «i problemi generali politici e tecnici attinenti alla difesa nazionale, determina i criteri e fissa le direttive per l'organizzazione e il coordinamento delle attività che la riguardano». Regolato dalle disposizioni del Titolo II del decreto legislativo 15 marzo 2010, numero 66, sul «codice dell'ordinamento militare», è presieduto dal presidente della Repubblica e alle riunioni possono essere convocati i capi di stato maggiore delle quattro Forze armate, il presidente del Consiglio di Stato su invito del presidente della Repubblica, nonché persone di particolare competenza nel campo scientifico, industriale ed economico ed esperti in problemi militari.

Si riunisce almeno due volte all'anno.

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