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Napolitano si accorge delle soffiate del Csm al partito "Repubblica"

Il capo dello Stato tuona dopo la fuga di notizie sul ddl anti corruzione: "C'è disagio e rammarico"

Napolitano si accorge delle soffiate del Csm al partito "Repubblica"

Roma - Che fine ha fatto «la riservatezza» che il Csm dovrebbe sempre «rigorosamente osservare»? E la «regola di non interferire nel libero dibattito parlamentare», dove è stata dimenticata? A Giorgio Napolitano quella velina che qualche consigliere ha recapitato a Repubblica non è proprio piaciuta. Quel presunto parere negativo di Palazzo de' Marescialli sul ddl anticorruzione infatti era una mezza patacca, era «solo una bozza che né la commissione nè il plenum avevano esaminato», eppure è stata fatta circolare perché influenzasse la valutazione delle Camere. È stata pure avallata, il giorno dopo, dal vicepresidente Michele Vietti: «Non è una stroncatura, è un giudizio favorevole con alcune critiche». Male. Malissimo. Si tratta, spiega il presidente, di un episodio grave, perché non solo «è lesivo del prestigio» del Consiglio superiore ma si presta a «dannose strumentalizzazioni».

«Deluso e amareggiato», Napolitano ha messo nero su bianco la sua rabbia in una lettera datata 22 ottobre e letta ieri davanti al plenum dallo stesso Vietti. Il capo dello Stato, che ha voluto mettere agli atti «il forte disagio e il rammarico» per la fuga di notizie, ricorda che già nel 2008 aveva dovuto «deplorare la violazione, in fase istruttoria, di quella regola di riservatezza che andrebbe rigorosamente osservata da tutti i componenti del Csm e delle sue commissioni nel corso della preparazione e discussione di atti impegnativi e di particolare delicatezza».

Parole al vento, come dimostrano chiaramente le anticipazioni «pubblicate su un importante quotidiano» su una bozza di parere che non era stata affrontata «né tantomeno approvata» dal Consiglio superiore. Lo strappo è profondo. «Quello che è avvenuto nei giorni scorsi» non si limita a colpire «il prestigio» dell'organo di autogoverno della magistratura e dare la stura a dietrologie e a «speculazioni». Addirittura, secondo Napolitano, mette in crisi «l'importante istituto del parere», cioè la facoltà del Csm di fornire delle opinioni sui provvedimenti di legge che riguardano l'ordinamento giudiziario.

Insomma, per fornire della valutazioni, spiega in sostanza il presidente della Repubblica, bisogna riuscire a rimanere lucidi e distaccati. «Io stesso - racconta - ho più volte nel corso degli anni difeso questo istituto da arbitrarie contestazioni. Però i pareri devono sempre essere espressi in termini e tempi rispettosi della sovranità del Parlamento, non interferendo nella fase culminante del libero confronto parlamentare». Napolitano non sopporterà altri sconfinamenti. «Confido che il Consiglio vorrà condividere questo richiamo e questo impegno».

Asciutto, quasi contrito il commento di Vietti, dopo aver letto la lettera: «Credo che le parole del presidente della Repubblica siano così chiare e nette che non meritino un'ulteriore chiosa e che al Csm non resti che prenderne atto». Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo Pdl al Senato, si dice «grato» a Napolitano. «Confidiamo anche noi che l'organo di autogoverno della magistratura tenga conto del monito e si astenga dall'alimentare strumentalizzazioni mediatiche con il deposito in edicola di pareri fantasma». Applaude anche l'Unione della camere penali: «Speriamo che finiscano le indebite pressioni sull'iter legislativo.

Perché il Csm non si occupa piuttosto dei tempi dei processi e degli errori dei magistrati?».

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