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"Nessuno parli male di lui". Gentile ora imbarazza il Pd

Il neosegretario calabrese Magorno ordina ai suoi il silenzio sull'esponente Ncd che boicottò L'Ora della Calabria. I big nazionali s'infuriano e lui cambia idea

"Nessuno parli male di lui". Gentile ora imbarazza il Pd

Cosenza Lo scandalo dell'Ora si allarga. I fili della ragnatela che il 19 febbraio hanno avvolto il quotidiano calabrese, tenendolo lontano dalle edicole con le sue pagine dedicate al coinvolgimento nell'inchiesta sulle consulenze d'oro del figlio del senatore Tonino Gentile, coordinatore calabrese del Ncd e da due giorni sottosegretario alle infrastrutture, cedono sotto il peso dell'opinione pubblica.
Nella tela del ragno si nascondeva anche il Pd di fede rottamatrice. Interessato a mettere la sordina alle polemiche per non disturbare il manovratore romano. Sotto accusa Ernesto Magorno. Deputato oggi ligio al verbo dopo aver professato altro credo: socialista agli esordi, quindi consigliere provinciale a Cosenza nei Ds e nel Pd dal 2002 al 2013, per 6 anni sindaco di Diamante. È su di lui, eletto segretario regionale da un partito spaccato a metà da primarie in cui nella sua città ha incassato 1.512 voti (uno ogni 27 secondi, gli hanno contestato i cuperliani), che cadono i sospetti di inciucio. «Mercoledì Magorno ha riunito i deputati calabresi del Pd», racconta uno di loro, Enza Bruno Bossio, «e da tutti noi ha ricevuto un mandato chiaro: chiedere a Renzi di stoppare la nomina di Gentile, uno schiaffo alla Calabria». Ma le cose sono andate diversamente, e prima che fosse ufficializzata la designazione del sottosegretario, «posta da Peppe Scopelliti come questione dirimente», è arrivato l'ordine di scuderia. Con l'invito «a non rilasciare dichiarazioni», conferma la pasionaria democratica, che invece sull'Oragate aveva preso posizione sin da subito.
Saltato il tappo, è emerso il malcontento. «Auspico che presidente del consiglio e Ncd assumano l'iniziativa per indurre Gentile alle dimissioni», attaccava ieri il deputato Alfredo D'Attorre, ex commissario del partito calabrese, seguìto a ruota dalla presidente della Commissione antimafia, Rosy Bindi: «Non si può dire ci sia stato rigore nella nomina dei sottosegretari. In un momento come questo non possiamo permetterci una cosa del genere». Non meno teneri i rottamatori calabri. Ad esempio l'ex parlamentare Franco Laratta: «È stata scritta una pessima pagina. Renzi dovrebbe intervenire». Pronta però la reazione del Ncd: «La nomina di Gentile testimonia la valorizzazione dell'impegno dell'intero gruppo parlamentare», puntualizzavano in serata i senatori Aiello, Caridi, Naccarato, D'Ascola e Bilardi in una nota che sembra un monito al governo a non cedere alle sirene democratiche ed alla campagna del passo indietro, lanciata tra migliaia di adesioni dall'Ora. «Il giornalismo che tiene la schiena dritta può far venir fuori il marciume del sistema», dice il direttore, Luciano Regolo. Che intanto in un editoriale ha tirato in ballo un altro dei fedelissimi del premier, il deputato Ernesto Carbone: «Mi chiamò il 20 febbraio per solidarizzare ed annunciare un intervento scritto. Poi è sparito. Ed ai miei solleciti ha risposto negandosi o negando».
Insomma, troppo bollente la patata calabrese per nasconderla tra le mani. Alla fine se ne è reso conto pure Magorno. Che dopo i commenti di circostanza rilasciati ancora venerdì sera, l'indomani ha provato a mettere una pezza, sollecitando gli alfaniani a porre rimedio «al grave errore dell'indicazione di Gentile a sottosegretario». Non una parola a Renzi o sulla scelta dell'esecutivo, celata nel decreto salva-Roma, di concedere agli enti locali «che abbiano presentato nel 2013 piani di riequilibrio non approvati dalla Corte dei conti la facoltà di presentare un nuovo piano entro 90 giorni dal diniego». Una mano al Comune di Reggio Calabria per allontanare di qualche mese la resa dei conti col passato. Con l'era in cui il municipio era guidato da Scopelliti. Altra colonna del Ncd, attuale governatore della Regione. Quest'ultima azionista di maggioranza di Fincalabra, la società di servizi finanziari presieduta da Umberto De Rose, stampatore dell'Ora e autore della telefonata (quella del cinghiale che quando è ferito ammazza tutti) che ha scatenato il pandemonio.


Davvero piccolo il mondo, in Calabria.

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