Politica

Il no a Letta unisce sindacati e imprese

Camusso, Bonanni e Angeletti contro la legge di Stabilità: "Sciopero di 4 ore" . E Confindustria benedice la protesta

I segretari di Cgil, Cisl e Uil Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti
I segretari di Cgil, Cisl e Uil Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti

«È un segnale di protesta contro questa finanziaria che sicuramente ha ampi margini di miglioramento». Non s'era mai visto un presidente di Confindustria che, all'annuncio di uno sciopero da parte dei tre sindacati confederali, non emanasse una personale «bolla di scomunica» per eresia nei confronti dell'impresa. E, invece, questa volta l'eretico (in senso buono, s'intende) è stato il numero uno di Viale dell'Astronomia, Giorgio Squinzi, che ha quasi benedetto la sortita di Cgil, Cisl e Uil che ieri, al termine di una riunione unitaria, hanno indetto uno sciopero di 4 ore da mettere in campo entro metà novembre su base territoriale in modo tale da fare pressione sul Parlamento. «Una scelta precipitosa», ha messo le mani avanti il premier Enrico Letta pur premettendo che «non mi scandalizza la scelta di scioperare».
Insomma, Palazzo Chigi farà orecchie da mercante come al solito. «Non sciopero mai, non posso farlo per definizione», ha replicato Squinzi a chi lo interpellava su una sua eventuale adesione alla causa dei rappresentanti dei lavoratori. Ma è chiaro come la risposta non fosse poi così dura come d'abitudine. «Non è uno sciopero di dimensioni apocalittiche, quattro ore infatti sono gestibili a livello locale», ha aggiunto. Anzi, ieri, il numero uno degli imprenditori ha ribadito che nel passaggio parlamentare «saltino fuori le solite porcate, porcherie di cui abbiamo larga esperienza nel passato: mi auguro che tutto questo non avvenga».
Non è stato molto soft (come invece è consuetudine per un esperto della trattativa) anche il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni. «Non si è voluto mettere mano sugli sprechi, le ruberie e gli assetti di potere. Ha vinto il partito della spesa pubblica». Una legge «che condanna il Paese alla stagnazione», ha tagliato corto il segretario Uil, Luigi Angeletti. In pratica, una sconfessione piena delle scelte di un esecutivo nei confronti del quale il sindacato non partiva certo con un atteggiamento di pregiudiziale ostilità.
Nella logica sindacale, l'utilizzo di toni forti è segnale della volontà di trattare: Confindustria e sindacati (anche l'Ugl comunque ha proclamato 4 ore di sciopero) stanno premendo su Palazzo Chigi e sul ministero del Tesoro. L'obiettivo? Lo ha spiegato molto bene Susanna Camusso. «È stato un errore non fare una legge di Stabilità che avesse il lavoro al centro», ha affermato rispondendo per le rime al viceministro dell'Economia Stefano Fassina che aveva tacciato di «inutilità» la scelta dello sciopero generale.
Quindi, il primo obiettivo è la destinazione di maggiori risorse al capitolo lavoro con un taglio ancor più generoso del cuneo fiscale. «Non è vero che il taglio è di soli 14 euro, è una cifra inventata per farci del male: deciderà il Parlamento a chi destinare quelle risorse», si è difeso Letta a Otto e mezzo. Ma anche ieri Squinzi ha ribadito che diminuire del 2-3% gli 850 miliardi di spesa pubblica «libererebbe risorse enormi (oltre 25 miliardi rispetto agli 10,5 miliardi racimolati dal governo Letta per abbassare il costo del lavoro). E qualche idea su dove prendere le risorse ce l'hanno anche Cgil, Cisl e Uil. Secondo Bonanni, occorrerebbe intervenire sui costi standard e sulle rendite (la Cgil vorrebbe addirittura alzare l'imposta dal 20 al 22% salvaguardando i Btp). A Letta saranno fischiate le orecchie, ma la legge di stabilità gli va bene così com'è.

E si vede.

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