Cronache

"Noi due, medici gay insultati in banca, non sfiliamo in piazza. Ma chiediamo giustiza"

Parlano A. e G., professionisti siciliani che hanno denunciato l'istituto di credito dove una impiegata li ha chiamati "froci" e "pezzenti"

"Noi due, medici gay insultati in banca, non sfiliamo in piazza. Ma chiediamo giustiza"

Nel sabato di giugno in cui Roma è attraversata dal corteo del Gay Pride, A. e G. se ne stanno cinquecento chilometri più a nord, nella canicola improvvisa dell'estate milanese. Non sono due omosessuali militanti, non ostentano pubblicamente la loro diversità. Ma vogliono comunque raccontare la loro storia. Quella di due medici siciliani che hanno scelto di viversi in santa pace la loro scelta sessuale, e che davanti ad uno sportello di banca hanno incontrato la difficoltà di essere accettati nella normalità. La loro vita è cambiata il 14 marzo scorso, in una filiale palermitana del Banco Popolare, quando sono stati attaccati e insultati. Da allora quella che era una scelta privata è diventata una battaglia di principio. Ma parlare con A. e G. dà soprattutto l'occasione di avere un racconto dall'interno di come cambia, a macchia di leopardo, la sensibilità italiana di fronte a chi fa scelte - diciamo - alternative. A. e G. non «scheccano», non si truccano e non fanno mossette. A. è stato a lungo sposato e ha due figli ormai quasi adulti. G. ha due spalle larghe da palestra. Sono siciliani entrambi («non palermitani, eh»), vengono da una regione che in una certa omofobia ha uno dei suoi clichè, Eppure, dicono, «c'è più razzismo di fondo verso gli omosessuali a Milano che in Sicilia. A Milano va bene che tu sia omosessuale se fai lo stilista o il parrucchiere. Ma se fai il notaio, il medico, l'avvocato, è meglio se le tue scelte non appaiono. In Sicilia può esserci il conformismo esteriore, la vergogna sociale. Ma poi, individualmente, c'è più rispetto o almeno più indifferenza». E rimandano ai cascami della cultura contadina e di quella araba, dove in comunità tutte maschili la prassi della omosessualità, almeno quella attiva, fa parte in qualche modo della storia.
«Avevo da anni il conto corrente in questa filiale - racconta G.- e non avevo mai avuto problemi. Alla metà di febbraio ho emesso un assegno, dopo poco mi sono reso conto che tra stipendio in ritardo e rate del mutuo l'assegno rischiava di non essere coperto, allora ho avvisato il direttore che lo avrei coperto in contanti. Tutto bene, mi dice il direttore. Questo accade il 27 febbraio. Il 14 marzo mi reco in filiale e questa signora mi prende di petto, "lei sa che ha un assegno dal notaio e oggi è l'ultimo giorno prima che venga protestato"? Le ho fatto presente che avevo parlato col direttore e che mi risultava che fosse tutto a posto. Apriti cielo. Non so cosa le ha preso. Forse si è sentita scavalcata, forse aveva dei problemi suoi. Mentre ci accingevamo a uscire si è avvicinata alla vetrata e ha iniziato a urlare. "Che razza di medici siete?", strillava, "mai mi farei mettere le mani addosso da uno come voi. Siete dei pezzenti, siete dei morti di fame. E siete pure froci"».
Di come la bancaria sapesse del loro legame. A. e G. dicono di non saperlo. «Forse ci aveva visto spesso insieme, perché andavamo insieme a discutere del mutuo. O forse ha voluto solo insinuare e offendere. Di certo non siamo due che ostentano il loro rapporto o che girano mano nella mano. Non frequentiamo circoli gay. Non siamo attivisti». Stanno insieme da più di dieci anni, ma A. ha alle spalle una lunga vita etero. «Ancora adesso quando sono a Messina, dove ho uno dei miei studi, vivo insieme alla mia ex moglie, alla madre dei miei figli. Siamo dei separati in casa, ma in un contesto di grande rispetto reciproco». «In questi dieci anni - racconta G. - non mi era mai capitato di provare dal vivo la discriminazione. Mi sono sentito offeso da un punto di vista umano, nell'intimo, ma anche sul piano professionale. Modestamente, penso di essere un medico come ce ne sono pochi. Invece questa signora, solo sulla base delle mie scelte sessuali, si è ritenuta in diritto di insultarmi. C'era un sacco di gente, io ho reagito urlando che il mio orientamento sessuale non inficiava la mia professione, e che non era un problema della banca nè della signora se io fossi o meno omosessuale».
Certo, la faccenda poteva chiudersi lì, come lo sfogo irrazionale di una singola persona. «Ma quello che ci è parso intollerabile è stato l'atteggiamento della banca, che ha cercato di liquidare la signora come una sorta di caso umano, rivelando anche dettagli di salute che dovrebbero essere tutelati dalla privacy. A noi francamente non interessa se la signora può avere bevuto, preso dei farmaci, sbattuto la testa. Se, come dice la banca, la signora ha dei problemi, allora chi ha scelto di tenerla lì, in prima fila, a contatto con i clienti? Perché non è a fare le fotocopie o a pascolare un gregge? La nostra sensazione è che oltretutto la signora si sentisse protetta dall'istituzione banca, altrimenti non avrebbe detto le cose incredibili che abbiamo sentito» Così A. e G. hanno deciso di mettere la pratica in mano agli avvocati, per chiedere conto anche e soprattutto alla banca di quanto accaduto nei suoi locali. Querela penale e causa civile, con gli avvocati Antonella Augimeri e Elena Baio. «Per sancire un principio, che chi gestisce una azienda è responsabile delle discriminazioni che vi avvengono, soprattutto se non fa nulla per impedirli». D'altronde, dicono i due medici, di fronte al fattaccio il Banco avrebbe avuto un comportamento contraddittorio, prima chiedendo informalmente scusa e poi ribaltando la frittata, e accusando D. di avere aggredito verbalmente l'impiegata.
Caso isolato o punta di un iceberg di intolleranza? «La nostra impressione è che complessivamente la Sicilia sia molto più avanti di questi comportamenti. Il presidente della Regione, Rosario Crocetta, che è gay dichiarato, ci ha espresso la sua solidarietà, e così pure il sindaco di Palermo Orlando; e bisogna ricordare che la più grande discoteca gay d'Italia è a Catania. Catania, più ancora di Palermo, è una città dove l'omosessualità è vissuta come una cosa normale. A Palermo magari ti accettano perché è di moda mostrarsi aperti verso i gay, ma poi di fatto accadono cose orrende. Nel suo intimo il palermitano non accetta l'omosessuale e tende di fatto a discriminarlo. A marzo c'è stato il nostro episodio. A aprile in una chiesta non hanno dato l'ostia a una donna colpevole di avere un figlio gay e di non vergognarsene. In maggio in un telephone center un cliente si è preso una martellata in testa solo perché consultava un sito gay.

La strada, insomma, è ancora lunga».

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