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"Noi mai alleati con Casini": Nichi rinnega già il triangolo

Il giorno dopo le nozze di comodo con il Pd, gli elettori di Sel sono in rivolta. E Vendola corre a smentire Bersani sull’apertura all’Udc

"Noi mai alleati con Casini": Nichi rinnega già il triangolo

Roma - Il day after del «Polo della speranza» tra Pd e Sel (il nome pe­rò è già stato archiviato, troppi i rife­rimenti sarcastici a Lourdes piovu­ti dalla rete) non è dei più facili.
Pier Luigi Bersani assicura che «ieri abbiamo cominciato un per­corso buono »,e che«è venuta fuo­ri con chiarezza­l’intenzione di co­operare ad una grande area dei de­mocratici e progressisti
». E replica a chi sui giornali mette in dubbio che dopo le elezioni il timone del vascello italiano nella tempesta della crisi possa passare ad un go­verno Vendola- Fassina: «Il centro­sinistra in Italia rappresenta la sta­bilità della prospettiva europea, la fedeltà all’Europa è una garanzia». Ma in casa Sel è scoppiata la bufe­ra, costringendo Vendola a corre­re ai ripari e a rinnegare, dopo 24 ore, l’apertura a Casini. D’altron­de mezza base Sel è in rivolta con­tro la prospettiva di una resa incon­dizionata al Pd, contro la separa­zione da Di Pietro e contro la pro­spettiva di una coalizione con l’Udc. Un sondaggio online di Re­pubblica , ieri pomeriggio, dava conto di come la maggioranza de­gli elettori di s­inistra preferisca l’al­leanza con Idv a quella con i centri­sti: 38 % contro 34 %. Annusata l’aria,anche il furbo sindaco di Na­poli De Magistris, che non vede l’ora di scappare da una città sul­l’orlo del dissesto e da una giunta in cui gli assessori di primo piano l’hanno mollato, ieri ha tirato una secchiata d’acqua gelida sulle spe­ranze vendoliane: «Caro Nichi, non ti capisco», dice criticando «l’atteggiamento ondivago» del leader di Sel e condannando come «alchimia di palazzo»l’apertura al­l’Udc. Il messaggio subliminale è che, per il momento, De Magistris frena sulla prospettiva di mollare Di Pietro per promuovere una lista dei«sindaci arancioni»da affianca­re al polo Pd-Sel.
A sera Vendola manda in rete un videomessaggio per rassicurare i militanti sotto stress: «Nella casa del centrosinistra non c’è l’Udc», anzi «Casini potrà essere solo un nostro avversario, mai un alleato».
Poi ribadisce: voglio partecipare al­le primarie «per competere» con il Pd, non per svendere Sel. Sarà. Il problema concreto, però, è che ­se andrà in porto la riformetta elet­torale cui si sta lavorando e passe­rà lo sbarramento al 5%- Sel si po­trebbe trovare costretta ad imbar­care i propri candidati nel Pd. E la partecipazione di Vendola alle pri­marie, cui Bersani ha dovuto dire sì ma che sarà un problema visto che gli toglie voti a sinistra indebo­lendolo rispetto alla sfida di Mat­teo Renzi, sarà per Sel lo strumen­to per «contarsi» e fissare le sue «quote» di eletti.
La nuova legge elettorale però crea difficoltà anche al leader Pd. Che non a caso ieri è tornato a chie­dere con forza che sia «garantita la governabilità». In parole povere, che ci sia un sostanzioso premio di maggioranza, almeno del 15% (mentre il Pdl si batte per ridurlo al 10%) al primo partito, visto che ha dovuto rinunciare al suo obiettivo primario che era mantenere il pre­mio alla coalizione (costringendo così Casini a sostenere la sua pre­miership). Lui spera che grazie al premio il Pd possa passare di slan­cio dal 30% circa al 45%. A quel pun­to, come dice Bersani, «la sera del voto sarà chiaro chi è in grado di for­mare un governo
». Ossia lui. Perché l’aspirante candidato premier del centrosinistra sa che c’è un rischio non da poco: l’Udc, che con una legge neo-proporzio­nale andrà al voto per suo conto cercando di attirare scontenti di centrodestra e pezzi di ceti produt­tivi e di proporsi come erede del­l’esperienza dei tecnici montiani, per siglare un accordo di governo chiederà voce in capitolo sul pre­mier. E allo stato ci sono molte pro­babilità che ( con l’appoggio di am­pi settori del Pd) Casini metta sul piatto il nome di Mario Monti. Un governo tutto politico, con dentro in posto di rilievo anche Bersani, ma guidato dal tecnico che ha por­tato l’Italia al voto.

Un esponente Udc ed ex Pd come Renzo Lusetti lo fa capire: «Il compito di Monti non si esaurisce nel 2013, ci sarà an­cora bisogno di lui».

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