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Le nomine di Renzi mosse dai capitalisti amici

Scopriamo chi sono i "suggeritori" del presidente del Consiglio. Per i dossier Alitalia e Rcs c'è un filo diretto con Montezemolo e Della Valle

Le nomine di Renzi mosse dai capitalisti amici

Roma - Una congiunzione astrale favorevole, un colpo di fortuna oppure una concatenazione di eventi. La definizione è libera, ma non si può non ammettere che, osservata dalla prospettiva di Palazzo Chigi, la situazione attuale del capitalismo italiano appaia non ostile a Matteo Renzi, se non addirittura propizia.

Almeno in apparenza sembrano esserci tutte le condizioni affinché il governo possa esercitare una «particolare» moral suasion in tutte le delicate partite finanziarie che si giocheranno nei prossimi mesi. Non si tratta della merchant bank di dalemiana memoria (non a caso l'altro presidente del Consiglio arrivato a Piazza Colonna senza passare dalle urne), anche perché attualmente esiste un polo di riferimento - ancorché pubblico - come la Cassa depositi e prestiti che rende più difficili le ingerenze politiche nel mondo della finanza. Ma sicuramente Matteo Renzi gode di una libertà di manovra che per i suoi predecessori era sicuramente sconosciuta.

Circostanze frutto del caso e della crisi economica. Ad esempio, venerdì scorso Intesa Sanpaolo, presentando il piano industriale, ha annunciato l'intenzione di dismettere entro il 2017 1,9 miliardi delle cosiddette partecipazioni non strettamente pertinenti l'attività bancaria. Quote relative a quella che fino a poco tempo fa era definita la banca di sistema. Dopo essere uscita da Generali e da Pirelli, Ca' de Sass - sotto la guida del nuovo ad Carlo Messina - ha in mente di liberarsi anche delle partecipazioni di minoranza in Rcs (editore del Corriere) e in Alitalia. Proprio quest'ultimo è un dossier «caldissimo» a Palazzo Chigi, non a caso ancor prima di insediarsi Renzi ne discusse con Luca Cordero di Montezemolo, imprenditore non ostile così come gli è vicino Diego Della Valle, che in Rcs vorrebbe aumentare la propria sfera di influenza.

Certo, bisogna essere anche fortunati per trovarsi al posto giusto nel momento giusto. Renzi, infatti, è arrivato alla presidenza del Consiglio in una fase storica nella quale il vecchio «salotto buono» si sta progressivamente disgregando. Ad annunciarne la fine è stata l'anno scorso Mediobanca con il suo ad Alberto Nagel: niente più patti di sindacato. E il primo a farne le spese è stato proprio il Corriere preso ormai in mezzo tra una Fiat con un piede e mezzo Oltreoceano e Mister Tod's con velleità imprenditoriali. Si tratta di quella stessa Mediobanca che, prima di congedarsi da Telecom Italia (prima o poi accadrà e lo stesso vale per l'altro socio Intesa), ha indicato il presidente di Eni, Giuseppe Recchi, e l'ad di Terna, Flavio Cattaneo nella lista per il nuovo consiglio di amministrazione. Di fatto rendendo meno arduo il rompicapo renziano per il valzer delle poltrone. Soprattutto per Eni ed Enel.

Certo, molte partite sono ancora al di là dal vedere la loro naturale conclusione. Ma non è certo immaginifico considerare che tutti questi dossier potrebbero essere seguiti molto da vicino da Palazzo Chigi. A partire proprio da Alitalia: l'ingresso di Etihad nella compagine azionaria («sponsorizzato» da Montezemolo) non è osteggiato dal premier. E anche le future sorti di Telecom e del Corriere della Sera molto probabilmente avranno una sponda politica romana, indipendentemente dall'intervento di Cdp nell'operatore telefonico. Renzi sta riempiendo quel vuoto che le banche sono costrette a lasciare a causa degli stress test imposti dalla Bce.

È un caso fortuito, ma ha saputo approfittarne.

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