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"Non ci servono le primarie, il leader ce l'abbiamo"

Antonio Tajani, eurodeputato di Fi, interviene nel dibattito interno: "Torniamo alle nostre battaglie storiche"

"Non ci servono le primarie, il leader ce l'abbiamo"

Roma - «L'organizzazione serve se e solo se ci sono idee e contenuti da veicolare». Parola di Antonio Tajani, fondatore di Forza Italia appena riconfermato europarlamentare (è vicepresidente uscente della Commissione Ue). Senza contenuti qualsiasi formula di selezione della classe dirigente del centrodestra - tanto le primarie quanto i congressi - rischierebbe di trasformarsi in un vuoto rituale. E, soprattutto, il leader del partito c'è già e si chiama Silvio Berlusconi.
Onorevole Tajani, qual è la sua opinione in merito allo strumento da utilizzare per far ripartire Forza Italia?
«Dobbiamo considerare il risultato elettorale, che non è stato positivo, come una base di partenza per costruire un rassemblement di centrodestra il cui perno sia rappresentato da Forza Italia».
In che modo?
«Mettendo al centro i contenuti e riproponendo quelle che sono state le storiche battaglie del nostro partito. Vogliamo candidarci a vincere e il voto dei cittadini si conquista con l'iniziativa politica. Ci sono cinque direttrici: la riduzione della pressione fiscale soprattutto sulla casa e sui conti correnti, la lotta alla disoccupazione puntando su imprese, artigiani e professionisti, l'opposizione a questa Europa e a questo euro, le riforme istituzionali con l'elezione diretta del presidente della Repubblica e i temi della sicurezza e dell'immigrazione».
Il partito, però, sta discutendo sull'opportunità di primarie aperte o di congressi locali.
«Le primarie sono un ottimo strumento per scegliere, nell'ambito di una coalizione di centrodestra, il candidato premier e i candidati a sindaco e presidente di Regione. Non servono certo per decidere chi comanda e chi obbedisce. Per quanto riguarda Forza Italia, infatti, ritengo che i dirigenti debbano sceglierli gli iscritti. Una metà potrebbe essere eletta dagli aderenti al partito e metà dai Club».
Alcuni suoi colleghi sostengono con forza il metodo delle primarie aperte.
«Chi mi garantisce che, soprattutto al Sud, la criminalità organizzata non ne approfitti per infiltrarsi? Quando ero coordinatore regionale di Forza Italia non ho ammesso persone che, pur non avendo carichi pendenti, destavano qualche sospetto».
Non rischiate così di acuire le divisioni? Per il prossimo ufficio di presidenza, inoltre, è in preparazione una bozza che potrebbe recepire il modello americano.
«Non ci sono divisioni, c'è dibattito. È giusto che non ci siano tappi e che ci si apra alle idee. Ma noi non siamo il Pd, il leader non lo dobbiamo scegliere, ce l'abbiamo già: è Silvio Berlusconi. In quella sede, comunque, voteremo e vinca il migliore».
A proposito di rassemblement, come si inquadra l'accordo con la Lega?
«Condividiamo i referendum sulla reintroduzione del reato di immigrazione clandestina e sull'abolizione della legge Fornero sulle pensioni. Su altri temi come l'uscita dall'euro non siamo d'accordo perché pensiamo che bisogna cambiare la Bce e costringerla a stampare moneta per svalutare una moneta unica troppo sopravvalutata».
Resterete ancorati al Partito popolare europeo?
«Certamente sì. Ne siamo parte integrante. Il disaccordo con Angela Merkel non è ragione sufficiente per uscire dal gruppo. Bisogna combattere la nostra battaglia dall'interno.

Sulle politiche di sostegno alle imprese abbiamo già battuto le resistenze della Germania».

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