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Le nozze gay spaccano il Pd Rissa sulla Bindi "omofoba"

La presidente dice no ai matrimoni omosessuali e mezzo partito la processa: "Sei come Castro". In molti pronti a stracciare la tessera: "Siamo noi la destra?"

Le nozze gay spaccano il Pd Rissa sulla Bindi "omofoba"

Roma - «Angelino Alfano è furbo e conosce i miei polli del Pd: quell’uscita becera sul matrimonio gay l’ha fatta all’unico scopo di seminare il panico da questa parte. E c’è riuscito benissimo». È furibonda, Paola Concia, unica parlamentare omosessuale (unica dichiarata), nonché sposata (in Germania, ovviamente) da otto mesi con la sua compagna Ricarda.

Furibonda non con il segretario Pdl, che «ha scelto di rappresentare una destra retriva da Italietta, ma sono fatti del Pdl»; Concia ce l’ha con il suo, di partito. «Possibile che non uno, dico uno solo, dei dirigenti del Pd abbia saputo rispondere ad Alfano come avrebbe risposto qualsiasi leader progressista al mondo? Invece no: Bersani, Bindi, Finocchiaro, persino Vendola, tutti a difendersi come se sostenere uguali diritti per i gay fosse un peccato, e Alfano li avesse presi in castagna».

Ma tutto il mondo gay vicino alla sinistra e al Pd è in fermento, e sfoga sui social network la propria irritazione per le tremebonde reazioni dei dirigenti, più preoccupati di allontanare da sé l’accusa di «zapaterismo» filo-gay lanciata da destra e di tener buone le gerarchie ecclesiastiche che di fare il proprio mestiere di sinistra liberal. Dal segretario Bersani che glissa alla grande sul merito e parla di «offensiva propagandistica Pdl» alla capogruppo Anna Finocchiaro, che accusa Alfano di «dire bugie e offendere gli avversari» («Capito? Si sente offesa per l’accusa di essere filo-gay! Ma da che storia viene la Finocchiaro?», sbotta Paola Concia).

Fino a Rosy Bindi che è andata in tv per spiegare che lei, per i gay, giammai userebbe «la parola “matrimonio”». Andrea Benedino, esponente torinese del Pd e attivista gay, equipara la presidente del partito a «Putin, Lukashenko e Fidel Castro», tutti autocrati ferocemente omofobi. Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia e iscritto del Pd, benedice ironicamente la nuova coppia di fatto: «Buttiglione si dice d’accordo con la Bindi contro i matrimoni gay.

Ecco: manca solo l’incenso e la benedizione di Bagnasco e poi è fatta». Altri militanti si scatenano contro la presidente del Pd, «omofoba», «inginocchiata ai vescovi», «vecchia democristiana bigotta».

Fino a chi si spinge a rimpiangere il Cavaliere, «che almeno la trattava come merita». Molti i gay che minacciano di abbandonare il partito, che invitano a «stracciare la tessera», che accusano il Pd di sembrare «sempre più una brutta copia della Dc» e che lamentano: «Meglio Cameron che Bersani!».

Già, è proprio questo il paradosso: mentre il premier conservatore britannico si accinge a proporre una legge sul matrimonio «same sex» (e con l’appoggio del neo-cattolico Tony Blair), il partito progressista italiano non riesce neppure a pronunciare la parola «matrimonio» per timore di incorrere negli anatemi dei vescovi, nelle ire di Casini e - soprattutto - nella gazzarra interna. «Su questi temi facciamo veramente ridere, siamo fuori da ogni storia della sinistra europea», geme Concia: «I dirigenti Pd non riescono neanche a dire che sono favorevoli ai diritti dei gay.

Dovrebbero andare a ripetizione da Aznar o Cameron, altro che Hollande».

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