Cronache

Ora la sinistra atea vuole pontificare sul nuovo Pontefice

Il coro di intellettuali e giornalisti: prima hanno toppato le previsioni. Ora pretendono di dettare l'agenda a Francesco

Ora la sinistra atea vuole pontificare sul nuovo Pontefice

Tutti teologi, tutti pastori. Tutti cardinali, vescovi, almeno monsignori. Laici però, laicissimi. Eugenio Scalfari e Vito Mancuso, Ezio Mauro e Paolo Flores d'Arcais, Michele Serra e Riccardo Barenghi solo per citarne alcuni. Pontificano sul pontefice. Sdottoreggiano di pastorale religiosa, cura delle anime e futuro del cristianesimo manco fosse l'insediamento del diciassettesimo Parlamento repubblicano. Se poi ci si mette l'ascoltatissimo e cattolicissimo Messori... Aiuto.

Stamattina nell'Aula Paolo VI Papa Francesco incontrerà gli operatori della comunicazione, giornalisti della carta stampata e delle televisioni presenti a Roma, non solo quelli accreditati ai Sacri Palazzi. Non sarà una conferenza stampa, non sarà un briefing come quello che giornalmente amministra con elegante sagacia il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Il nuovo Papa porgerà un saluto a tutti i presenti. C'è da augurarsi che non abbia letto troppo i giornali. O forse sì, considerando il suo senso dell'umorismo. Comunque sia, quello di stamane sarà un saluto misericordioso anche verso chi, già pochi minuti dopo l'«Habemus Papam» ha iniziato a insegnargli il mestiere. Non sono pochi. Soprattutto la lettura di Repubblica riserva quotidianamente spassose sorprese. Il cardinale decano Scalfari, per dire, si esercita con frequenza sull'argomento. Dopo l'endorsement in favore del cardinale cappuccino O'Malley di qualche giorno fa, ieri ha deciso che «Francesco è esattamente l'opposto di Benedetto». Prima di disporre lo scenario di strategia pastorale: «Probabilmente Francesco utilizzerà soprattutto i sinodi, i concistori e le conferenze episcopali come strumenti per rinnovare il quadro della cattolicità apostolica». Anche il Corrierone si era schierato per Scola ignorando Bergoglio pure tra gli outsider. Così, il giorno dell'elezione, il titolo non poteva essere che «La sorpresa Francesco». Per tutti, tranne che per Vittorio Messori che, sempre in prima pagina, rivelava «perché in segreto l'avevo previsto». In segreto.
Le cose, in sostanza, sono andate così: il nuovo papa l'hanno fatto gli scandali, da Vatileaks al sesso malato alle grane dello Ior. Francesco è e dev'essere un manager, un governatore, un chirurgo che cura le piaghe della Chiesa. In alternativa il nuovo Papa è frutto della «geopolitica». Per avere un cinese era presto, per eleggerne uno nero anche. Si è scelto un sudamericano perché da quelle parti il cattolicesimo è in calo.

Il pulpito dei giornali non paga pegno. Pur non avendoci capito una mazza, ora, editorialisti e commentatori stilano l'agenda di Francesco. Per il cardinal Ezio Mauro «Papa Francesco dovrà capire che nei suoi doveri c'è anche quello della piena trasparenza sui suoi rapporti con la dittatura argentina». Monsignor Mancuso, invece, è sicuro che Bergoglio assomigli all'ex cardinale ambrosiano, «di cui era certamente amico». Perciò, preconizza Mancuso, «quei duecento anni con cui Martini nella sua ultima profetica intervista segnò la distanza tra la Chiesa e il mondo, con Francesco sono destinati a essere colmati». Sul Fatto quotidiano Paolo Flores d'Arcais auspica che «in tema di giustizia Francesco abbia la forza di “implementare” il programma di autentica rivoluzione» che già s'intravede. Perché «la volontà è esplicita, la capacità la misureremo con le prime decisioni di “governance”». Implementare. Governance.

Su Libero, Gianluigi Nuzzi sostiene che «il primo scoglio è la banca vaticana». Su Repubblica Chiara Frugoni esorta a «non dimenticare Chiara». Su La Stampa la scanzonata Jena elenca «divorzio, aborto, fecondazione, coppie di fatto, matrimoni gay, preti sposati, preservativi...», prima di chiudere con una gag: «Dai Francé facce sognà!». Nella sua «Amaca» Michele Serra ha scritto «Nel nome Francesco primo, il tocco rivoluzionario è dato da quel “primo”». Fortuna che aveva messo le mani avanti: «I commenti di noi miscredenti sulle cose di Chiesa sono spesso divaganti, raramente congrui».

Appunto.

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