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Orsoni mette nei guai il Pd: "Pressioni per chiedere soldi"

Il sindaco di Venezia ai domiciliari scarica sul partito. E l'inchiesta tocca pure Letta e Cacciari che negano ogni accusa. Spunta un finanziamento ai radicali

Orsoni mette nei guai il Pd: "Pressioni per chiedere soldi"

«I soldi sono andati al Pd». Anche il Pd attingeva a piene mani al bancomat sempre in funzione del Consorzio Venezia Nuova. E Giorgio Orsoni fa leva proprio su questo punto per alleggerire la propria posizione. Il partito aveva bisogno di soldi, faceva pressioni e alla fine si sarebbe preso anche gran parte della stecca. Insomma, fra un interrogatorio e l'altro, Orsoni cerca di rovesciare la propria posizione: lui non è la mela marcia. Lui sarebbe stato spinto a chiedere aiuto al Consorzio. Dove sono finiti quei soldi, almeno 450 mila euro? Chi li ha intascati? Attenzione: tutto, al momento, si gioca su una sfumatura lessicale. Piergiorgio Baita, l'ex dominus del colosso Mantovani, e Giovanni Mazzacurati, il grande burattinaio delle mazzette, mettono a verbale un racconto sostanzialmente coincidente: «Abbiamo dato a Federico Sutto i soldi per Orsoni». Federico Sutto è un dipendente del Consorzio Venezia Nuova, il postino delle mazzette. Il problema è che quel «per» rischia di ingarbugliare la storia: non è detto che Sutto quei denari li abbia consegnati a Orsoni. Anzi, negli interrogatori cui è stato sottoposto, i pm pongono a Sutto numerosissime domande su Giampietro Marchese, il consigliere regionale Pd arrestato la scorsa settimana, perché considerato un collettore delle mazzette rosse. È Marchese il mister X che manca all'appello? Sutto, a quanto pare, davanti ai magistrati si tiene in bilico fra «non mi ricordo» e altre frasi nouvelle vague del tipo: «Portavo le buste, penso che dentro ci fossero soldi».

Ormai i pm sono oltre e stanno cercando di mettere a fuoco la figura di Marchese che Sutto descrive così: «Era il punto di riferimento di tutta l'area Ds e Pd». A spanne Marchese è un po' il Greganti del sistema Veneto. Gli investigatori puntano su di lui per chiarire fin dove arrivava sul lato sinistro dell'emiciclo il soffice mantello del Consorzio Venezia Nuova che più va avanti l'indagine più sembra un distributore universale a, 360 gradi, aperto a tutti i partiti. Tutti, o quasi se dalle carte ora affiora anche un contributo ai radicali. Ma si scopre anche con la Lega ci fu poco feeling: ci fu solo un contatto «con Enrico Cavaliere - svela sempre Sutto - quando era presidente del Consiglio regionale ma la cosa finì lì».
Tutta un'altra storia per il Pd. Con Orsoni deciso a vender cara la pelle. E non ci sta a fare il capro espiatorio, la pecore nera ai margini del partito che apriva la mano. Se l'ha aperta, era su input dei suoi compagni. Di Marchese, probabilmente, e di un altro deputato nazionale il cui nome compare nel verbale di interrogatorio dopo l'arresto. Sutto sostiene che era Mazzacurati a tenere i rapporti» con il partito. E a complicare il quadro, già ingarbugliato, c'è infatti un altro finanziamento da 110mila euro, se le cifre sono quelle giuste, in cui è Mazzacurati in persona a rifornire direttamente Orsoni. Si vedrà.

Certo, anche il Pd è in pieno nella bufera. Come dimostra l'accostamento all'inchiesta di due nomi eccellenti: Massimo Cacciari e Enrico Letta. Mazzacurati parla anche di Cacciari: «Mentre era sindaco mi ha chiesto di aiutare un'impresa che si chiama Marinese». «Io chiedevo - replica il filosofo - interventi utili alla città e l'ho fatto centinaia di volte. La Marinese, ad esempio, era una società che stava fallendo. E mi vanto di tutto ciò». Non è facile, in questa fase, distinguere la richiesta in nome della collettività dal favore sottobanco.

Anche Letta è furibondo dopo aver letto le dichiarazioni di Roberto Pravatà, il vicedirettore del Consorzio, per più di vent'anni il braccio destro del solito Mazzacurati. «Mazzacurati - è il racconto - mi convocò per dirmi che il Consorzio avrebbe dovuto concorrere al sostenimento delle spese elettorali dell'onorevole Letta, per un turno elettorale attorno al 2007, con un contributo dell'ordine di 150 mia euro». «Leggo falsità sul mio conto legate al Mose - replica Letta - Smentisco con sdegno e nel modo più categorico». Pravatà aggiunge che Letta aveva come intermediario, per il Veneto, il dottor Arcangelo Boldrin con studio a Mestre.

E anche Boldrin smentisce: «Il nostro studio ha svolto per qualche tempo un'attività professionale nei confronti del Consorzio Venezia Nuova, tutta documentabile e regolarmente fatturata».

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