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Pagati quasi 28 milioni per far fallire l’Alitalia

Chiesto il processo per l’ex presidente Cimoli l’ex ad Mengozzi, accuse di bancarotta e aggiotaggio. Nel mirino gli stipendi d’oro dei manager della compagnia

Pagati quasi 28 milioni  per far fallire l’Alitalia

Un’opera d’arte. Già, un’opera d’arte, non c’è che dire. Perché davvero occorre maestrìa, impegno e persino dedizione alla causa, alla propria causa, per portare al dissesto una gloriosa azienda pubblica come l’ex Alitalia e vivere felici. Felici di intascare a fronte di continue perdite di gestione, compensi per oltre 27 milioni e 800mila euro lordi, nel periodo 2001-2007.

Il dato, tristemente vero, emerge dal rapporto del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza destinato ai pm romani che hanno indagato sul dissesto della compagnia di bandiera e giunge, drammaticamente, di attualità. Perché, proprio ieri, la Procura della Repubblica di Roma ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio per sette fra manager e funzionari dell’Alitalia, in carica dal 2001 al 2007 che rischiano di finire alla sbarra per accuse come bancarotta distrattiva e dissipativa o addirittura, è il caso di Gianfranco Cimoli, ex presidente ed amministratore delegato nel periodo maggio 2004-febbraio 2007 anche per aggiotaggio.

Nei guai, oltre a Cimoli, anche Francesco Mengozzi, ad dal febbraio 2001 al febbraio 2004, Gabriele Spazzadeschi, già direttore centrale del settore amministrazione e finanza, Pierluigi Ceschia, all’epoca responsabile del settore di finanza straordinaria, Giancarlo Zeni e Leopoldo Conforti, funzionari, e Gennaro Tocci, già responsabile del settore acquisti e gestione Asset Flotta. Nella richiesta di rinvio a giudizio, firmata dai pm Francesca Loy e Stefano Pesci, coordinati dal procuratore aggiunto Nello Rossi, gli inquirenti contestano agli imputati «la dissipazione di beni aziendali», che ha provocato «ingentissimi danni patrimoniali, con pregiudizio per i creditori e gli obbligazionisti. E ciò attraverso attività e operazioni abnormi sotto il profilo economico, in sé gravissime per un’impresa in situazione di costanti difficoltà economiche e finanziarie, e dissipative delle risorse pubbliche e private amministrate perché incidenti in maniera estremamente rilevante sul patrimonio sociale pur essendo inesistente la prospettiva di vantaggi per la società». Nel documento della Finanza emerge che a Cimoli, ex ad e presidente tra il 2004 e il 2007, sono stati versati 5.966.526,91 euro, così suddivisi: 101.607 euro come amministratore; 2.114.919 quale quota fissa per amministratori investiti di particolari cariche; 1.500.000 quale quota variabile per amministratori investiti di particolari cariche; 2.250.000 per patto di non concorrenza; 21.252,03 a titolo di benefici non monetari.

Quanto all’altro ex ad, Francesco Mengozzi risulta dagli accertamenti che nel periodo della sua «reggenza» dal 9 febbraio 2001 al 27 febbraio 2004 abbia intascato complessivamente 3.743.291,58 di euro. E come se non bastasse, evidenziano le Fiamme gialle, sono state versate nel periodo 2006-2007, ulteriori somme a «dirigenti con responsabilità strategiche» per oltre 9 milioni e 300mila euro.

Complimenti.

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