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Paparazzo, medico e spot: per il seno si rischia grosso

Identificato il fotografo del topless di Kate, potrebbe finire in cella Intanto il produttore delle protesi difettose Pip è stato scarcerato

Paparazzo, medico e spot: per il seno si rischia grosso

La regina sarà anche nuda, come titolava Chi quando ha pubblicato le foto di Kate Middleton in topless; ma il paparazzo dell'estate rischia ora l'arresto. Sarebbe anzi solo questione di ore, perché la polizia francese avrebbe un nome e lo avrebbe passato ai magistrati che si occupano del caso. Non di gossip, bensì di violazione della privacy: per questo la famiglia reale britannica aveva presentato denuncia, dopo che il settimanale francese Closer aveva diffuso quelle immagini della moglie di William mezza nuda sulla terrazza del castello di Autet in Provenza.

Pare - secondo il Daily Mail - che sia stato proprio il principe a chiedere le manette per il fotografo che ha immortalato la sua duchessa con le tette all'aria (ma anche senza mutande): una misura pesante per qualche scatto. Ma William e Kate all'epoca si dissero «devastati» da quelle fotografie e certo lui, il figlio di Diana al quale i paparazzi avevano da anni garantito tacitamente l'immunità si sarà sicuramente sentito colpito alle spalle. Vero è che anziché chiedere l'arresto (dopo), il principe avrebbe semplicemente potuto suggerire (prima) alla moglie di coprirsi come etichetta regale vuole, anche in vacanza, anche sulla terrazza di un castello di proprietà di suo cugino. Non ha suggerito, però. Sembra anzi che ci siano pure gli scatti di Sua Altezza senza costume. Ci si sarebbe potuto aspettare forse un po' più di ironia dalla coppia giovane della monarchia, visto che i due nudi erano loro, e non il pubblico curioso e rozzo, e tantomeno il paparazzo: invece un po' retroattivamente, magari anche su pressione della famiglia non certo sportiva, William si è risentito molto della nudità esibita (sui giornali, non sulla terrazza) e perciò avrebbe chiesto la pena più pesante per il colpevole del gestaccio, l'arresto. Quindi a questo punto il paparazzo rischia fino a un anno di carcere e una multa di quarantacinquemila euro. Il direttore di Closer Laurence Pieau ne aveva difeso l'identità; poi era emerso il nome della fotografa Valerie Suau, che però aveva detto di avere soltanto venduto le foto; ora pare che per l'autore dello scoop dell'estate non ci sia più scampo. Intanto la rivista ha già dovuto riconsegnare tutti gli originali a Buckingham Palace.

Una foto di un'altra donna nuda sarebbe valsa la galera a qualcuno? Difficile immaginarlo. Del resto ci sono tette e tette: quelle della possibile futura regina d'Inghilterra possono costare un anno di prigione, mentre quelle di mezzo milione di donne possono anche aspettare che giustizia sia fatta. Perché proprio ieri, quando si è saputo dell'arresto imminente del criminale-fotografo, un altro signore veniva scarcerato: Jean Claude Mas, il fondatore dell'azienda di protesi mammarie Pip, denunciato da quattromila e cinquecento donne per avere venduto prodotti con materiali scadenti e pericolosi (il gel utilizzato, di standard inferiore alle norme, causerebbe più facilmente la rottura della protesi, può infiammare i tessuti e provocare il cancro al seno). Mas è rimasto in cella otto mesi e da ieri è ai domiciliari, in attesa del processo, in aprile, in cui è accusato di lesioni colpose. Le sue protesi sono state impiantate a cinquecentomila donne in sessantacinque paesi.

Ma ci sono tette e tette, e oltre a quelle di Kate Middleton e a quelle minacciate dalle protesi scadenti ci sono anche quelle che fanno polemica, in uno spot anticancro girato da un'agenzia cilena che furbescamente mette in fila, un fotogramma dopo l'altro, seni attraenti e sexy e manda così un messaggio ai maschi: se amate le tette, fate fare alle vostre compagne una mammografia. Contestatissimo, il video ha fatto il giro del web. Una cosa è certa: quelle tette si possono continuare a guardare, a differenza di quelle di Kate Middleton.

E forse si è ancora più buzzurri, ma non si va in galera.

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