Cronache

Parti cesarei, una truffa che costa ai cittadini 85 milioni ogni anno

Ingiustificata quasi la metà degli interventi. Il ministro Balduzzi: "Uno spreco inaccettabile"

Parti cesarei, una truffa che costa ai cittadini 85 milioni ogni anno

Roma - Lesioni gravi e gravissime, falso in atto pubblico, truffa. Ipotesi di reato che , se riferite all'atto della nascita all'interno di una struttura sanitaria, fanno veramente rabbrividire. Eppure sono questi gli illeciti ipotizzabili a carico di ospedali e medici alla luce dei risultati delll'indagine condotta dai Nas sull'appropriatezza del ricorso al parto cesareo. Saranno le procure competenti, alle quali l'Arma sta per trasmettere tutta la documentazione raccolta, a decidere in quali e quanti casi sarà necessario aprire un 'inchiesta,mettendo sotto indagine i responsabili.
Un anno fa il ministro della Salute, Renato Balduzzi, decise di mandare i carabinieri in sala parto, spinto dall'evidenza di dati squilibrati che mostravano come, soprattuto in alcune regioni, si ricorresse troppo frequentemente al parto cesareo. L'“alibi“ più comunemente usato era quello della «posizione anomala del feto». La decisione del ministro di inviare i carabinieri in sala parto suscitò anche polemiche ma probabilmente nessuno si aspettava un quadro tanto allarmante.
Nel 2010 ci sono stati 482.195 parti tra naturali e primi parti cesarei. La percentuale nazionale di cesarei è del 29,31 ma in Campania è del 49,66 dove,strana coincidenza, si registra pure un 21,22 per cento di posizione anomala del feto contro una media generale del 7,39. I Nas hanno raccolto 3. 273 cartelle cliniche in 78 diverse strutture ospedaliere pubbliche e private accreditate. Di queste ne sono state analizzate 1.117 distribuite in 32 diverse strutture. Nel 43 per cento dei casi esaminati il ricorso al cesareo è risultato «non giustificato». ». I dati più gravi riguardano quei casi dove è stata verificata una mancata corrispondenza tra la cartella clinica, a volte anche vuota, e la Sdo, ovvero la scheda di dimissione ospedaliera, che invece riporta l'avvenuto cesareo. Anomalia notata lo scorso anno dall'Agenas, l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali e poi rilevato in 12 regioni e che il ministro Balduzzi ha definito «soprendente». Impensabile infatti non compilare la cartella clinica di un ricoverato.
Eppure in Sicilia il 78 per cento delle cartelle cliniche dei cesarei è stato giudicato non valutabile per assenza di documentazione o non compatibilità con la Sdo. In quasi 8 casi su 10 insomma non c'è alcun riscontro verificabile rispetto al ricovero ed al ricorso al cesareo. Nelle Marche la non coerenza dei dati riguarda il 74 per cento. In Puglia il 56. In Lombardia la percentuale scende a 4 casi su 10; stessa percentuale nel Lazio . Virtuose il Veneto, la Liguria, il Friuli Venezia Giulia, la Valle d'Aosta, la Provincia autonoma di Trento.
Nei casi non documentati è possibile ipotizzare sia che il cesareo sia stato eseguito anche quando non era necessario, dunque si potrebbe profilare un reato di lesioni, sia che non sia stato eseguito affatto ma che si sia incassato il rimborso da parte dello Stato, dunque l'ipotesi di reato sarebbe quella della truffa ai danni del servizio sanitario nazionale. Gli esperti del ministero spiegano che «le strutture con una più elevata percentuale di primi parti cesarei con l'indicazione di diagnosi di posizione anomala del feto sonoanche caratterizzate da un livello maggiore di non corrispondenza Sdo cartella clinica».
Perchè scegliere il cesareo quando non serve? Per soldi ovviamente. Mentre per un parto naturale il servizio sanitario nazionale rimborsa per degenza superiore ad un giorno 1318,64 euro per il cesareo la cifra sale a 2457,72 euro. Dunque 1139,08 euro in più al giorno.
«Risultati preoccupanti -dice Balduzzi- Se fosse dimostrato che il 43 per cento dei cesarei eseguiti è inappropriato allora vorrebbe dire che il servizio sanitario pubblico ha sprecato circa 85 milioni di euro all'anno».


Il ministro non nutre dubbi sul fatto che ci siano stati «comportamenti opportunistici» da parte di molte strutture sanitarie, pubbliche e private.

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