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Il Pd riscopre la Resistenza. A Renzi

Mentre tutti salgono sul carro del vincitore, D'Alema e la Bindi guidano la vecchia guardia all'opposizione

Il Pd riscopre la Resistenza. A Renzi

Roma - Il maquis della cedevole Resistenza anti-Renzi non si dà alla macchia: è quella piccola, indistinguibile macchia sulla divisa della truppa. Non trama nell'ombra: è quella servizievole ombra che segue il segretario in pectore fin dentro la stazione della Leopolda. Inafferrabile e identico a lui medesimo, a volte - quando perde - nutre dubbi su se stesso. E se questi sono i combattenti anti-invasione, se la linea Maginot è aggirata, l'involontario generale De Gaulle si chiama Massimo D'Alema. Involontario perché avrebbe volentieri digerito pur le mancanze di riguardo, se si fosse riusciti a trovare un modus vivendi col giovanotto. E si capisce naturalmente come Matteo Renzi non c'entri affatto con Adolf Hitler, pur apprestandosi a passeggiare in lungo e in largo sugli Champs-Èlysées (bandite le bandiere del Pd, per l'occasione).

Questo anche per capire fin dove potranno andare a parare i necrofori del partito che non nacque, e che non si fa mancare né fiori né opere di bene. Neppure un grottesco paragone tra il sindaco di Firenze e l'indimenticabile Virna Lisi - «mi ricorda un po' quella pubblicità con Virna Lisi, con quella bocca può dire quel che vuole», ha sibilato D'Alema dalla ridotta - con le seguenti, smisurate aggravanti: che Renzi racconta d'aver inviato alla Lisi fiori per scusarsi dell'accostamento «umiliante»; che la Lisi ha fatto sapere di non sentirsi affatto umiliata perché il giovanotto le sta tanto «simpatico»; che Renzi sostiene che «l'unico personaggio del passato che mi ricorda D'Alema è... D'Alema» e che preferisce ricordarlo piuttosto come «presidente di un Roma club», mentre qualche renziana ha preso a irriderlo come «Gloria Swanson» (Viale del tramonto e fantasia zero); che, infine, il sodale renziano Oscar Farinetti (Eataly) ricorda Matteo come un «Barolo giovane» e sa di lui cose inenarrabili. Tipo la rivelazione sussurrata alla radio: «È capace di mangiare un chilo e mezzo di carne cruda».

Ovviamente si tratterà di quella assai dura da digerire degli altri «resistenti involontari» come D'Alema; martiri votati al sacrificio e macchiette assai superate di una stagione che fu e che Renzi stesso ha dichiarato d'aver chiuso. Ma che ancora servono, per distinguersi dal «vecchio» e inneggiare al «nuovo»: «Non è vero che hanno tutti cambiato idea, parte della vecchia guardia sta dall'altra parte», dice Lui. Dunque, ricapitolando: il povero Franco Marini, impallinato lo stesso giorno che aveva comprato un abito non Lebole per entrare al Quirinale; la sempiterna Rosy Bindi, ancora stizzita con l'impudente fiorentino perché senza poltrona non sa ricamare; quel mattacchione di Beppe Fioroni, che pure aveva provato a cercare un abboccamento ma s'è ritrovato pesce fuor d'acqua. E poi i Giovani turchi, polli allevati nella batteria ds proprio quando il pollaio veniva sciolto. I Fassina, gli Orfini, l'Orlando: quando Letta presentando il governo ha dichiarato che l'Italia che gli piace è quella dei Cinquanta, rovinata dal '68 in poi (gli anni dell'avanzata pci), nessuno di essi ha trovato la forza di batter ciglio.

Più credibili allora gli avversari ufficiali di Renzi, comparse di una gara che sembra falsata tanto è improponibile: il mite salottiero Cuperlo («lo stimo, ma non come vice: faremmo un inciucione»), l'innocuo Civati (l'unico scandalizzato per il paragone con la Lisi), l'impalpabile Pittella (cui basterebbe un Pse all'europea, più che un Pd all'italiana).

E invece «quest'acqua qua», come direbbe l'arcinemico dichiarato di Renzi, al secolo Pier Luigi Bersani detto «Culatello» (copyright Dagospia). È rimasto l'unico a tramare sul serio nell'ombra delle sezioni, l'unico giapponese a lottare per una resistibile resistenza. Persino la Camusso e la Cgil, di cui Matteo non vuol più essere «cinghia di trasmissione», non rappresentano più un pericolo. Il succo trapela da ogni poro della truppa fiaccata dalle sconfitte: «Renzi è efficace contro Berlusconi, Renzi l'unico che può farcela». E Matteo questo promette, nient'altro: l'immancabile vittoria. Non bisogna essere D'Alema per scoprire che «gran parte delle cose che Renzi ha detto a Firenze sono patrimonio consolidato del Pd». A voler essere più corretti e inclementi: più che patrimonio, una patacca sulla patacca. Buio, controbuio, bluff e controbluff.

Punti in mano nisba.

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