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Perché la rinuncia del Papa fa preoccupare anche i laici

Il gesto di abdicare crea un precedente pericoloso. Luci e ombre di una scelta destabilizzante: una rinuncia  o un tentativo di ripristinare un ruolo positivo della Chiesa?

Perché la rinuncia del Papa fa preoccupare anche i laici

di Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati Pdl

Chi scrive, pur essendo un laico, ha una grande preoccupazione per la destabilizzazione in atto nella Chiesa che peraltro si accompagna e in parte si intreccia con la crisi del sistema Italia. Sia pure con luci ed ombre, la Chiesa ha svolto un ruolo fondamentalmente positivo in Italia, sia nel passato che nel presente. Nel passato, In Italia, la Chiesa e il mondo cattolico hanno svolto un ruolo assai importante sia per sconfiggere il comunismo togliattiano e staliniano, sia per bilanciare le più estremiste tendenze liberiste, che non hanno fatto eccessivi danni nel primo dopoguerra, ma che invece adesso attraverso la deregulation hanno portato all'attuale crisi economica e finanziaria.

In effetti, attraverso la tematica dell'economia sociale di mercato e la sussidiarietà tutta un'area del movimento cattolico e a suo tempo della Dc ha surrogato l'assenza di un grande partito socialdemocratico. Le ombre passate e più recenti del mondo cattolico sono state da un lato le tendenze integraliste di destra, di centro e di sinistra, dall'altro lato le battaglie clericali contro il divorzio e l'aborto e quelle più recenti sulla fecondazione assistita con il divieto della diagnosi pre-impianto.

Non si può dimenticare da un lato il ruolo decisivo svolto da Papa Wojtyla, dal movimento di Solidarnosc per la caduta del comunismo e dall'altro lato quello svolto prima dal cardinale Ratzinger e poi da Benedetto XVI nel dare una risposta, a partire dal bellissimo discorso di Ratisbona, non solo al terrorismo islamico, ma anche nel confronti di quel suo presupposto costituito dal fondamentalismo islamico. Papa Benedetto XVI ha finora svolto un ruolo decisivo proprio sul terreno di dare risposte culturali e poi anche politiche lungo questo decisivo confine di tipo geopolitico rispetto ad una problematica tutt'altro che risolta come dimostra anche l'esito del tutto negativo delle Primavere arabe a cui prima ci siamo riferiti.

Ora Benedetto XVI, nella sua dichiarazione di dimissioni, ha fatto esplicito riferimento al fatto di non essere più nelle condizioni di energia fisica e intellettuale per far fronte a questo compito che ha un risvolto strategico nei confronti di tutto l'Occidente. Si tratta solo di questo, o di ben altro? Di per sé, la scelta già fatta da Benedetto XVI crea un precedente che può avere conseguenze oggettivamente destabilizzanti. Però, noi adesso ci dobbiamo misurare con la lettera di Papa Benedetto XVI. Ma prima e dopo di essa, c'è stato ben altro. C'è stato in primo luogo il Corvo - un uccello certamente non descrivibile soltanto come emanazione della persona del maggiordomo Gabriele, vista la mole e la delicatezza della documentazione prodotta e si è tradotta in un'operazione del tutto destabilizzante perché ha messo in evidenza che il famoso «segreto vaticano» quale che fosse l'argomento non poteva più essere garantito anche dalle più alte gerarchie ecclesiastiche; constatazione che è già di per sé sommamente destabilizzante. Ciò detto, sono poi in campo ben due tendenze non si sa ancora bene se solo destabilizzanti o potenzialmente distruttive.

La prima è costituita dalla evidente esistenza di una fortissima operazione mediatica, prevedibilmente sostenuta anche da lobby e centri di potere assai consistenti che stanno conducendo contro la Chiesa una guerra corsara che può combinare dei danni oggi non prevedibili. In parte per l'esistenza di queste tendenze all'interno della Chiesa cattolica, in parte per l'assalto di una catena di tipo mediatico e politico, la situazione può essere molto negativa e allora le ragioni delle dimissioni di Papa Benedetto XVI possono assumere il significato di una resa. A questo proposito, non possiamo fare a meno di esplicitare in modo assai chiaro e quindi obiettivamente provocatorio, le fondamentali questioni in campo da questo secondo punto di vista andando molto indietro nel tempo.

Tutto ciò tira in ballo la prima gestione Ior con Marcinkus, il conseguente caso Calvi, e poi l'arrivo sempre nelle casse dello Ior di parte della tangente Enimont, il caso Orlandi con il suo conseguente intreccio che arriva fino alla banda della Magliana, i due fenomeni mondiali della pedofilia e della estensione nella Chiesa della omosessualità; la nuova e contestata gestione dello Ior, l'azione del Corvo, il ruolo svolto dalla Curia rispetto a tutto ciò e alle volontà reali dell'attuale Pontefice. È evidente che tutto ciò apre una serie di interrogativi: in primo luogo quanto tutta questa «sporcizia» ha condizionato il Papa e quanto ha inciso o meno sulle sue dimissioni? Più in fondo, quale credibilità può avere il magistero della Chiesa se, appunto, tutta questa «sporcizia» non viene spazzata via. E allora, per concludere, le dimissioni del Papa in quale ottica si pongono?

In quella della presa d'atto dell'esistenza di questo «blocco negativo» per cui il Papa si è in effetti dimesso per non esserne complice, oppure in quella di provocare una scossa e di mettere in campo nella Chiesa la grande «corrente» che sia in grado di eleggere un pontefice dalle forze psico-fisiche in grado di far piazza pulita di tutto ciò che può intralciare l'azione positiva riguardante i valori, la crisi della società, i fedeli, i poveri e i derelitti, ripristinando al meglio il ruolo positivo della Chiesa?

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