Politica

La pitonessa in pantaloni che divide la politica

Daniela Santanché per diventare responsabile dell'organizzazione Pdl ha cinto d'assedio il Cav per giorni. Il Pd non la vuole alla vicepresidenza della Camera. Ma lei non si arrende

La pitonessa in pantaloni che divide la politica

Ho sempre pensato che se Daniela Santanchè avesse incontrato degli uomini che portavano davvero i pantaloni non li avrebbe mai indossati lei. Il fatto è però che Daniela ha un'idea tanto eroica della virilità - un incrocio tra Sigfrido e Lawrence d'Arabia - che noi maschi comuni siamo ai suoi occhi delle amebe. O, come lei preferisce dire, riferendosi ai titubanti colleghi del Pdl, delle «palle di velluto».
«È tutta la vita che sogno un uomo che mi dica: “Ciao piccolina, hai bisogno di qualcosa?”». Questo confessò Santanchè, con un sospiro, proprio al sottoscritto in un'intervista, aggiungendo: «Mi trovo invece di fronte solo uomini intimoriti dalla mia apparente sicurezza che mi fanno sentire un maschio in un corpo di donna». Per onestà, va aggiunto che, nonostante si lagnasse, non aveva affatto un'aria disperata e che, anzi, avendole io offerto la spalla perché vi poggiasse la testa per sentirsi protetta, ignorò la premura con un'occhiata di compatimento.
Diciamo, insomma, che le circostanze della vita hanno fatto sì che Daniela diventasse una domatrice di uomini. Ha visto che dietro i muscoli c'erano delle pappemolli e ha deciso di guidarli. Oggi le piace definirsi «pitonessa», epiteto affibbiatole, pare, dal Foglio. Ci si rispecchia volentieri immaginandosi, presumo, come un grande serpente femmina dalle spire possenti e voluttuose. Non vorrei deluderla ma pitonessa in italiano non è la moglie del pitone, bensì una chiaroveggente che predice il futuro ispirata da un dio, come la Pizia sacerdotessa di Apollo. Veda ora lei se tenersi un soprannome che sa di strega.
A dare a Santanchè l'aspetto deciso e liquidatorio che la rende famosa è stata la convivenza con i suoi principali compagni. Figlia di Ottavio Garnero, imprenditore di Cuneo nel ramo trasporti, Daniela si trasferì a Torino dopo la licenza liceale per addottorarsi in Scienze Politiche. Si imbatté nel chirurgo plastico Paolo Santanchè, se ne innamorò come una pera cotta e lo impalmò all'istante. A cose fatte, scoprì che lui, contrariamente a lei, non voleva figli (sadicamente, le sfogliava libri specialistici per mostrarle la bruttezza di feti e settimini). L'unione ne fu incrinata. Decise allora di fare, più che la moglie, la manager del marito con un patto: «Appena incontro un uomo che vorrà da me un figlio, sciogliamo il sodalizio». Daniela si trasformò in pr con l'obiettivo di lanciare Santanchè come il migliore plastico d'Italia. «Gli facevo da campionario: ho fatto credere che mi avesse rifatta», raccontò. Coltivando la grinta che oggi è il suo marchio e il suo guaio, Daniela portò il coniuge alla notorietà. Raggiunto l'obiettivo, incontrò l'uomo che le disse: «Da te, voglio un figlio».
Era Canio Mazzaro, industriale farmaceutico. Piantò il marito, ne mantenne il cognome che faceva più scena del Garnero paterno, e mise al mondo Lorenzo, oggi diciannovenne. Anche la storia con Canio, durata lustri, è ormai finita. Pure lui, non è stato all'altezza dell'ideale mascolino santancheniano. Amava il quieto vivere, tanto che se doveva litigare con una persona, lo faceva fare a lei. Un giorno il posapiano fuggì con Rita Rusic, l'ex moglie di Cecchi Gori. Daniela bruciò all'istante tutte le foto del fedifrago, sostituendole con quelle del figlio rimasto con lei. Quando l'estate successiva i rotocalchi pubblicarono le immagini di Canio con la nuova fiamma sulla barca chiamata «Dani», Daniela commentò: «Il buon gusto non è di tutti. Quella barca l'avevo trovata io, ristrutturata io». Alla domanda, «lei invece è rimasta a Milano a piangere?», Santanchè dette una risposta che fotografa a pennello la sua capacità di reazione: «Ho noleggiato un veliero di cinquanta metri e fatto una meravigliosa crociera con mio figlio». È, infatti, ricca perché, oltre che un politico, è un'aggressiva imprenditrice pubblicitaria.
Santanchè è una donna di destra destra che dice pane al pane. L'immigrazione selvaggia e il disordine dei costumi la offendono. «Io sono una ruspante di Cuneo e voglio urlare con la bava alla bocca», disse una volta. Richiesta, spiegò: «Vorrei scuotere gli italiani e dirgli: “Incazzatevi per tutto questo casino”. Perché dobbiamo sopportare il racket dell'elemosina sottocasa e i travestiti con le chiappe al vento?». Per questa furia, è definita «divisiva» dal Pd che si rifiuta, in queste ore, di eleggerla vicepresidente della Camera. Il Pd ha una bella faccia tosta dopo avere preteso, e ottenuto, nella scorsa legislatura, il voto Pdl per la vicepresidenza di Rosy Bindi. Nota gentildonna che ha riempito di insulti il Cav e che, con toscana soavità, disse di due colleghi che rifiutavano di fare quello che pretendeva lei: «Quando gli str.. so' str.. galleggiano anche senz'acqua».
Di famiglia liberale, Daniela dirazzò, entrando, per influsso del suo amico, Ignazio La Russa, in An. Ne divenne deputato nel 2001 e nel 2006. Traslocò poi - in rotta con Gianfranco Fini - nella Destra di Storace. Ci restò un fiat. Appena il tempo di dire alla vigilia delle elezioni, marzo 2008, «donne, non date il voto a Berlusconi, perché ci vede solo orizzontali. Silvio è ossessionato da me, ma tanto non gliela do», che già in novembre era entrata nella corte del Berlusca. Da allora, lo adora e circuisce.
Santanchè, quando vuole, ottiene. A marzo, ambiva alla carica di responsabile dell'Organizzazione del Pdl, lasciata vacante dal ministro in spe, Maurizio Lupi. Il Cav le aveva dato garanzie: «È già tua», ma prendeva tempo. Conoscendo l'inaffidabilità dei maschi, Dani ha occupato manu militari Arcore e tampinato per ore il capo. Ha tolto l'assedio solo dopo l'uscita del comunicato ufficiale che le attribuiva l'incarico. Fa lo stesso con tutti quelli che contano. Accompagna a cena Denis Verdini, che per mani in pasta nel Pdl viene subito dopo il Berlusca, lo incita a mangiare quanto la sua natura godereccia gli suggerisce - mentre lei digiuna essendo iperattenta alla linea - finché Denis, sazio e beato, dice sì a qualsiasi pretesa.
La giornata di Daniela comincia immancabilmente con un'ora di jogging. Se è ad Arcore, come capita spesso, corre con la fidanzata del Cav, Francesca Pascale, di cui è diventata inseparabile e che rappresenta il suo periscopio in casa Berlusconi. Le restanti ventiquattro ore sono decise dal destino. Dani è pronta a viaggi improvvisi, pernottamenti di fortuna, ubiquità. All'uopo, utilizza la leggendaria saccoborsa-cornucopia con il necessario per ogni evenienza: snack ipercalorici, trucco mattino-sera, cambio veloce, scarpe con e senza tacco. I disagi, lei, nemmeno li mette in conto. L'essenziale è raggiungere l'obiettivo del giorno.
Una dura.

Bravo chi le tiene testa.

Commenti