Politica

Pm contro Bruti: "Siamo stati scavalcati"

L'accusa ha scambiato i nomi di denunciante e querelato, due egiziani. Errore scoperto dopo un anno

Milano - «Quello di Alessandro Sallusti è un caso unico». Edmondo Bruti Liberati non ha avuto bisogno di essere più esplicito. Poche parole, prima di passare ad argomenti più tecnici. Così - nel corso di una riunione avvenuta pochi giorni fa - il procuratore capo di Milano ha lasciato di stucco i magistrati dell'ufficio esecuzioni, che avevano scelto il carcere per il direttore responsabile del Giornale. Niente da fare. Bruti ha fatto valere i propri poteri, chiedendo i domiciliari per Sallusti in virtù della legge svuota-carceri. Di fatto, spiazzando i colleghi che mai - spiegano ora - si erano trovati in una situazione simile. «Non esistono casi unici, esiste la legge», commentano al quarto piano del palazzaccio milanese.

Stupore e amarezza. «Questo ufficio - insiste uno dei magistrati del pool esecuzioni - aveva fatto una scelta chiara e condivisa, e siamo convinti di aver interpretato bene le norme». Il che significa che il direttore Sallusti - come lui stesso ha più volte chiesto - sarebbe dovuto andare in cella. E invece la mossa di Bruti ha sparigliato le carte. «Ma quello che è accaduto - replica una toga - è stato come dirci che negli ultimi anni abbiamo sempre sbagliato». Per questo, l'ufficio esecuzioni ha fatto recapitare al procuratore capo una lettera con cui mette nero su bianco il proprio dissenso. «Solo argomenti giuridici - assicurano - non c'è nessun altro tipo di valutazione». Risposte da Bruti? «Non è tenuto a darle». Ma nemmeno in via informale sembra ci sia ancora stato un chiarimento.

Alle esecuzioni la delusione è palpabile. «Siamo con le mani legate. Normalmente possiamo ricorrere contro le decisione del giudice di sorveglianza, ma questa volta non sarà possibile perché il fascicolo è in mano al procuratore». Ripetono che «una cosa del genere non è mai successa. Capita che la decisione finale venga presa dal capo della Procura, però solo quando il nostro ufficio esprime posizioni differenti. Ma questa volta il nostro parere era unanime». Restano il rispetto dei ruoli e una buona dose di compostezza, ma la decisione di Bruti lascia in bocca il sapore del commissariamento. E per dare l'idea di come l'intera vicenda sia stata seguita in tutta la sua singolarità, una delle toghe estrae da un cassetto un articolo di Repubblica del 15 novembre scorso, dal titolo inequivocabile: «Pronti i domiciliari per Sallusti». «Ma come - si domanda ora - noi dovevamo ancora trattare il fascicolo e qualcuno aveva già deciso al posto nostro?».

Ora la palla passa al giudice di sorveglianza Guido Brambilla, la cui decisione dovrebbe arrivare la prossima settimana. Ieri Brambilla non era nel suo ufficio. O almeno, questa era la versione ufficiale. Il suo segretario sbarrava garbatamente la porta ai cronisti. Il senso è chiaro. Brambilla non vuole altre seccature.

Una grana ce l'ha già, ed è una grana che in ogni caso passerà alla storia.

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