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Il pm smentisce Travaglio: «Grasso procuratore senza la legge anti-Caselli»

Giuseppe Fici, nel 2005 componente del Csm, difende il presidente del Senato: "Caselli al plenum non aveva i numeri sufficienti. Offensivi gli attacchi adesso"

Il pm smentisce Travaglio: «Grasso procuratore senza la legge anti-Caselli»

Piero Grasso non è stato favorito dalla legge del centrodestra che ha tagliato fuori Gian Carlo Caselli dalla corsa per diventare procuratore nazionale antimafia. Il Csm, prima ancora del varo delle norme oggetto all'epoca e oggi di un vespaio di polemiche, era orientato per la nomina di Grasso, Caselli non aveva i numeri sufficienti per farcela al plenum.

A sostenere questa tesi, che sconfessa Marco Travaglio e il suo attacco al neo presidente del senato, oggetto in questi giorni di un'aspra querelle, è una fonte autorevole. Si tratta infatti del pm di Palermo Giuseppe Fici, magistrato antimafia tra i più accreditati per prendere, come aggiunto, il posto lasciato vuoto da Antonio Ingroia, e all'epoca componente della Commissione direttivi del Csm. Insomma, una fonte interna. Che non racconta impressioni ma fatti vissuti in prima persona e convinzioni basate sui numeri. E che per di più, col suo voto, aveva sostenuto Caselli.
«Confermo il convincimento - ha dichiarato Fici all'agenzia di stampa Ansa - che non era solo mio ma di tutto il consiglio, che Piero Grasso avrebbe comunque prevalso in plenum su Gian Carlo Caselli anche senza l'intervento della maggioranza parlamentare della Casa delle libertà, che è intervenuta sul concorso in atto con una modifica della legge. Convincimento fondato, innanzitutto e soprattutto, sulla proiezione dei voti espressi in Commissione, posto che in favore di Grasso si erano pronunciati il laico di centrodestra e i togati di Unicost e Magistratura Indipendente, con una prospettiva di almeno 14 voti sicuri in plenum».

Il pm Fici, che definisce «offensivo e infondato» lo «sprezzante giudizio» espresso su Grasso da Travaglio, va anche oltre. Sostiene infatti che se davvero il Csm avesse voluto nominare Caselli procuratore nazionale antimafia avrebbe potuto farlo prima dell'entrata in vigore della norma che, escludendo chi avesse già compiuto 66 anni, di fatto metteva fuori gioco proprio Caselli.

Ma questo non avvenne perché, sostiene ancora Fici - il giudice Francesco Menditto, il togato di Magistratura democratica relatore della proposta a favore di Caselli, non fu tempestivo: «Non predispose in tempo la motivazione - ricorda l'ex consigliere - a differenza del consigliere De Nunzio, relatore della proposta in favore del dottor Grasso, che invece fu tempestivo depositando la sua proposta il 18 luglio, in tempo utile per la trattazione in plenum prima della pausa estiva».

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