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A Pompei il pm di Tortora governa con chi ha inquisito

Diego Marmo, autore del più clamoroso errore giudiziario d'Italia, è ora assessore alla legalità ma pure ai beni culturali. E da magistrato indagò sulla sovrintendenza

A Pompei il pm di Tortora governa con chi ha inquisito

Le domanda sono due. La prima: può un ex magistrato autore di un clamoroso errore giudiziario - le accuse contro Enzo Tortora - andare a fare l'assessore alla Legalità? La seconda: può quello stesso ex magistrato che ha fatto condannare i vertici della Sovrintendenza ai beni culturali di Pompei, andare a collaborare con quella stessa Sovrintendenza? Sono passati trentuno anni esatti. Era il 17 giugno del 1983 quando il popolare conduttore televisivo Enzo Tortora veniva tratto in arresto, accusato dalla procura napoletana di associazione camorristica e traffico di droga. La settimana scorsa il pubblico ministero di quel processo, il dottor Diego Marmo, è stato nominato dal sindaco di Pompei assessore alla Legalità e alla sicurezza. È unanimamente considerato persona «esperta ed equilibrata», benché - a voler essere precisi - nel «caso Tortora» non è che si sia dimostrato particolarmente «esperto ed equilibrato». Tanto che lo stesso dottor Marmo, qualche giorno fa (cioè a 31 anni da quel tristemente storico processo) ha chiesto «scusa» per alcune frasi «particolarmente veementi» durante la requisitoria contro il presentatore di Portobello.

Per la cronaca riportiamo qualche «veemente» passaggio dell'arringa d'accusa datata 26 aprile 1985. Parole che sono pietre, anzi Marmo: «Tortora è stato eletto con i voti della camorra! Più si cercavano prove della sua innocenza e più venivano fuori importanti prove della sua colpevolezza». Tortora replicò: «È un'indecenza». E fu anche denunciato per oltraggio alla corte. Alla fine Tortora fu assolto. Insomma, poteva scusarsi prima il dottor Marmo, ma forse un «pentimento» anteriore avrebbe bloccato la sua brillante carriera che lo ha portato a diventare procuratore capo di Torre Annunziata. Ora che è in pensione le sue prime mosse sono state le scuse alla famiglia Tortora e accettare l'incarico di assessore a Pompei. Insomma, l'ennesima toga in politica. Ma Verdi e Radicali non ci stanno e giudicano «scandalosa» la nomina di Marmo a responsabile della Legalità: «Proprio lui, autore del più grande errore giudiziario della storia italiana...». E, tanto per rinfrescargli la memoria, annunciano che esporranno sotto il Comune di Pompei un manifesto con un maxi striscione con la scritta: Tortora? Do you remember?». Ma le possibili «incompatibilità» del dottor Marmo non finiscono qui. Da ex procuratore capo di Torre Annunziata, infatti, Marmo si è spesso occupato di Pompei. E a Pompei di reati se ne compiono parecchi, come sanno bene tecnici e dirigenti della locale Sovrintendenza ai beni culturali sui quali la Procura di Torre Annunziata ha indagato per ben tre volte. Nel corso degli anni si sono alternate inchieste per crolli sospetti (che nel sito archeologico pompeiano non mancano mai...), appalti pilotati, giro di mazzette, spreco di denaro pubblico. A coordinare le indagini c'era sempre lui, il procuratore capo Marmo, ora diventato assessore - udite udite - anche con delega alla «difesa del patrimonio archeologico».

Ed è in tale veste che l'attuale assessore Marmo dovrà interagire proprio con la Sovrintendenza alle belle arti, cioè esattamente l'istituzione (tecnici e dirigenti compresi) che l'ex procuratore Marmo mise sotto inchiesta per una lunga serie di gravi reati. Alcune di quelle inchieste sono appena di due anni fa e finirono sulle prime pagine di tutti i giornali. Parliamo, ad esempio, dei crolli della Schola Armaturarum e della Casa del Moralista: uno dei grandi scandali degli scavi, costato la visita in Italia degli ispettori Unesco e una mozione di sfiducia all'allora ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi. Non avverte, il neo assessore Marmo, un certo - chiamiamolo così - «senso di imbarazzo» nel sedersi allo stesso tavolo con chi fu spedito alla sbarra dal suo ex alter ego togato? Evidentemente no, considerato le prime dichiarazioni rilasciate da Marmo al Corriere del Mezzogiorno: «Sono pronto a incontrare i miei interlocutori per capire cosa possiamo fare noi per loro e cosa possono fare loro per noi. È successo tutto in fretta. Il sindaco Uliano mi ha fatto contattare da un avvocato di Torre che mi conosceva. Quando ho sentito della proposta il mio primo impulso è stato di dire no. Poi ha prevalso il fascino della parola Pompei. E quindi, dopo l'iniziale esitazione, mi sono detto che non era giusto rifiutare. Ho deciso di metterci la faccia».

Dal profilo bronzeo.

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