Cronache

Pompei sbarrata Ma se paghi il pizzo i cancelli si aprono

Alcune aree sono off limits ma per aggirare i divieti basta rivolgersi alla guida o al custode "giusto"

Pompei sbarrata Ma se paghi il pizzo i cancelli si aprono

Quando vedono una troupe televisiva si innervosiscono. Minacciano. E, a volte, menano pure. Sono i boss di Pompei, signori dai modi spicci e dalla parlata sporca che gestiscono l'ampio «mercato parallelo» che gravita attorno al sito archeologico più suggestivo del mondo. Una necropoli incenerita due volte: ieri dal Vesuvio, oggi dal racket degli abusivi; ma anche mortificata da incapacità politica e gestionale. La Merryl Lynch ha calcolato che I'indotto prodotto dagli scavi di Pompei è il 5% del suo potenziale. Privatizzarne la gestione? Se ne parla da decenni. Ma solo per il gusto di parlarne. La realtà, oggi, rimane la stesa di quella fotografata nel 2007 da un'inchiesta del programma Exit su La7: «Parcheggi e guide abusive, nessun controllo sui visitatori, assoluto disprezzo delle regole. Ci imbattiamo nella vergogna delle zone interdette al pubblico che dietro pagamento (fino a 150 euro a tour ndr) vengono aperte dai custodi, dei ristoranti abusivi e della carenza di servizi igienici». Sono trascorsi sette anni, ma la situazione resta grave. Rimaniamo il Paese col maggior numero di luoghi e monumenti protetti dall'Unesco come patrimonio mondiale dell'umanità, eppure l'Italia spende per la cultura solo lo 0,25% con investimenti dimezzati nel corso dell'ultimo decennio. Con una costante: dei circa due miliardi destinati alla tutela del nostro patrimonio artistico, la metà viene utilizzata per il funzionamento del ministero dei Beni culturali. «Funzionamento» si fa per dire. E la situazione in cui versa Pompei è lì a dimostralo. Il sito archeologico è in mano anche a gente che dovrebbe stare in galera. E che invece sta sì dietro le sbarre, ma sono le sbarre dei cancelli delle aree archeologiche interdette al pubblico per lavori di restauro e manutenzione. Basta mettere mano al portafoglio e i lucchetti, come per magia, si aprono lasciando passare i turisti, alcuni dei quali non si fanno scrupolo di mettersi in borsa qualche mosaico di ricordo. Per un turista arrestato (come accaduto lo scorso giugno), ce ne sono centinaia che la fanno franca, riuscendo a portarsi a casa l'ambito souvenir. Del resto il clima di menefreghismo che si respira tra i ruderi di Pompei (lo scorso aprile un custode parcheggiò il suo scooter a ridosso di una domus e la foto fece il giro del mondo) non contribuisce al rispetto delle regole.
Ci sono delle transenne? E c'è chi le scavalca impunemente. È vietato mangiare nel sito? E c'è chi banchetta sotto i colonnati trasformandoli in discariche a cielo aperto.
È vietato introdurre cani? Ma nel sito i branchi di randagi abbondano. E poi scioperi, serrate (domenica scorsa migliaia di turisti sono stati lasciati fuori dal cancelli), scarsa professionalità, e crolli, tanti crolli.
Alcuni evitabili, altri inevitabili conseguenza del trascorrere del tempo, altri ancora «pilotati» forse da «addetti ai lavori» infedeli e da «abusivi» senza scrupoli (come ieri abbiamo raccontato da queste stesse colonne). Ogni anno due milioni di ticket staccati, ma potrebbero - e dovrebbero - essere dieci volte di più. Peccato che qui i turisti vengano a volte considerati più come un «fastidio» che come una risorsa.
Negli ultimi tempi qualcosa sta migliorando, ma siamo ancora lontani anni luce da una gestione di qualità degna di questo nome. Ed è tra gli anfratti di queste tante - troppe - carenze che si inseriscono quei personaggi senza scrupoli che spennano, truffano, assediano, sfruttano i visitatori. Soprattutto gli stranieri.

Che poi tornano in patria, con le idee ben chiare sull'Italia.

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