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Primo schiaffo alle toghe sulla responsabilità civile. E il governo finisce sotto

Alla Camera passa la norma sul risarcimento diretto contro chi sbaglia Altolà di Napolitano: "Indipendenza non è privilegio". L'Anm insorge

Primo schiaffo alle toghe sulla responsabilità civile. E il governo finisce sotto

L'applauso della Lega, le strizzate d'occhi dei grillini, l'esultanza di Forza Italia. Sette voti in più e nell'aula della Camera il governo viene battuto su un tema ad alta sensibilità politica: la responsabilità civile dei magistrati.
È sempre l'emendamento del leghista Gianluca Pini alla legge comunitaria. Quello che con alterne vicende viene respinto, approvato, cassato ad aprile scorso da Pd e M5S insieme, poi redivivo. Quello che tenta di far pagare davvero ai magistrati i loro errori giudiziari senza il paravento dello Stato che risarcisce per loro le vittime e anche molto raramente.
A Montecitorio, complice il voto segreto chiesto dal Carroccio e l'astensione decisa tatticamente da M5S probabilmente per mettere in difficoltà l'esecutivo di Renzi, in 187 contro 180 si dicono a favore e tra questi devono esserci anche decine di parlamentari Pd.

Ma subito arriva l'altolà del Colle e quello del ministro della Giustizia. L'indipendenza dei giudici - dice Giorgio Napolitano - «non rappresenta un mero privilegio ma trova la sua ragione e il suo giusto bilanciamento nel rispetto da parte dei magistrati dei principi deontologici». Il capo dello Stato, come presidente del Csm, ricorda che le toghe hanno «diritti e doveri» ed enumera le doti del «magistrato esemplare». Il Guardasigilli Andrea Orlando è ancora più incalzante: «È un pasticcio che va corretto. Improprio nel merito e nel metodo. Presenta anche elementi di incostituzionalità».
Gli stessi termini di Napolitano aveva usato qualche ora prima il vicepresidente del Csm, salito poi al Quirinale con gli altri consiglieri, per un incontro già organizzato da tempo. «La responsabilità diretta - ha detto Michele Vietti - metterebbe a repentaglio il libero convincimento del magistrato e produrrebbe un numero indefinito di processi nei processi».

A fine mattinata il colpo di mano a Montecitorio scuote Palazzo Chigi e si ripercuote su Palazzo de' Marescialli. Nella sede del Csm si tiene il plenum quando arriva la notizia e subito i togati di ogni corrente entrano in fibrillazione. Roberto Rossi di Area, il cartello delle forze di sinistra, irrompe nel dibattito su tutt'altri temi per commentare «un fatto gravissimo, un tentativo di introdurre la responsabilità civile diretta dei magistrati, che sarebbe incostituzionale». Vorrebbe provocare una discussione sull'accaduto, magari arrivare ad una presa di posizione dell'organo di autogoverno delle toghe, ma il laico di centrodestra Nicolò Zanon lo gela: «Il capo dello Stato (che presiede anche il Csm, ndr) ha più volte detto che quando il Parlamento lavora, lui stesso tace. Tanto più dobbiamo tacere noi, in una fase così delicata dei lavori».
Non si può ignorare un voto che esprime la larga volontà dei rappresentanti del popolo di cambiare una legge che dalla sua nascita 26 anni fa ha portato alla condanna solo di un pugno di toghe per errori che hanno devastato la vita di cittadini innocenti. Il voto di Montecitorio rimane un'ammonizione, anche se al Senato Pd e M5S annunciano che l'emendamento Pini verrà bloccato. E come in commissione Giustizia del Senato c'è una proposta di legge in discussione sulla responsabilità civile delle toghe, anche al Csm si dovrà affrontare una proposta trasversale, a firma Zanon-Nappi (centrosinistra), per correggere le norme vigenti e renderle effettive eliminando i troppi limiti.

La preoccupazione con la quale interviene a tambur battente l'Anm dimostra quanto un cambiamento della legge Vassalli sia temuto dalle toghe. Soprattutto nel senso indicato dal centrodestra. Parla di profili di incostituzionalità l'Anm, di «indebolimento» della lotta alla corruzione. I giudici della Corte dei conti parlano di provvedimento non in linea con le legislazioni dei maggiori Paesi Ue e di «vulnus all'autonomia e indipendenza della magistratura». Due valori che però le forze politiche vogliono a larga maggioranza coniugati con la responsabilità e così un cavallo di battaglia del centrodestra riesce ora a dividere anche il Pd e a coinvolgere, per tattica o convinzione, almeno una parte di M5S.
Anche il governo Renzi deve prenderne atto e adeguarsi. Sulla questione interviene il viceministro della Giustizia Enrico Costa. «Occorre lavorare a un testo organico tenendo conto che l'emendamento approvato contiene palesi incongruità».

E il presidente della commissione Giustizia del Senato Francesco Nitto Palma scrive al presidente del Senato Pietro Grasso: «Ddl già incardinato a Palazzo Madama».

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