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Agrama, l’uomo chiave mai interrogato dai giudici

Per la Procura di Milano era il "socio occulto" del Cav. Ma lui ha sempre escluso di aver spartito mazzette

Agrama, l’uomo chiave mai interrogato dai giudici

È un po' come nel processo a Berlusconi per il caso Ruby: dove la presunta vittima (ma anche, secondo i giudici, presunta complice) non è mai stata interrogata. Anche nel processo per i diritti tv, quello che martedì prossimo porterà Berlusconi al redde rationem davanti alla Cassazione, c'è un grande assente. È l'uomo che nella ricostruzione dell'accusa svolge un ruolo centrale. Si chiama Frank Agrama, ottantuno anni malportati, alle spalle una vita colorita da regista di film di serie B, poi diventato grossista di pellicole hollywoodiane. Per la Procura, Agrama era né più né meno che il socio occulto di Berlusconi. Detto brutalmente: facevano la cresta sui film, e poi facevano la mezza. Mediaset pagava ad Agrama cento dollari ciò che ne valeva quaranta o cinquanta, e la differenza andava un po' a ingrassare l'ex regista, un po' a rimpinguare i conti esteri del Cavaliere e dei suoi figli maggiori.

Insomma, si può immaginare che sentire la versione di Agrama - anche per non credergli, anche per contestarla - potesse essere utile all'accertamento della verità. Ma Agrama non è mai stato interrogato: né in primo grado né in appello. Unica traccia concreta della sua esistenza, un interrogatorio difensivo fatto da Niccolò Ghedini. Certo, il vecchio Frank vive in America, sta male o forse malissimo e questo rende tutto più complicato. Ma la tecnologia moderna può risolvere molti problemi. Bastava volerlo: non solo secondo gli avvocati di Berlusconi, ma anche secondo quelli di Agrama, che è stato condannato a tre anni di carcere e ha fatto anche lui ricorso in Cassazione.

Secondo i due ricorsi, e su questo martedì i giudici romani saranno chiamati a esprimersi, portare fino a sentenza i processi di primo e secondo grado senza sentire la versione di Agrama ha leso i diritti alla difesa. E soprattutto ha impedito di acquisire un tassello essenziale a capire come andassero davvero le cose.

Nelle motivazioni della condanna in secondo grado, a pagina 119, si legge che la richiesta di Agrama di essere interrogato via videoconferenza non è stata accolta perché «non vi è prova della reale provenienza dell'istanza dall'imputato non essendovi alcuna autentica della firma, e non vi è alcuna prova di autenticità neppure della certificazione medica e comunque non si consente a questo giudice di verificare il reale stato di salute dell'imputato con apposita visita fiscale». Cavilli di forma, insomma.

La cosa singolare è che sulla base degli stessi identici certificati un altro tribunale, chiamato a giudicare uno degli innumerevoli processi scaturiti da questo filone, ha ritenuto giusto e necessario disporre la videoconferenza, e ha interrogato Agrama via satellite. Ma di questo interrogatorio nel processo che approda martedì in Cassazione non si potrà tenere conto.

Cosa ha detto Agrama agli altri giudici? Ha escluso di essere mai stato socio di Berlusconi e di avere mai spartito con lui un dollaro. Verità interessate? Può darsi. Ma che vanno a quagliare con quello che non solo Berlusconi ma anche altri testimoni hanno raccontato nel processo per i diritti tv. In particolare, e con particolare crudezza, da Guido Barbieri, capo dell'ufficio acquisti di Mediaset, che racconta di uno scontro furibondo con Agrama, inferocito per il taglio dei budget, che scriveva lettere di protesta a destra e manca, mentre «Pier Silvio Berlusconi non voleva avere nulla a che fare con Agrama disistimandolo e a cui non rispondeva neppure al telefono»; andò a finire, secondo Barbieri, che Agrama gli offrì una bustarella, e lui fece finta di non capire. Tutte balle? O un quadro inconciliabile, come sostengono Niccolò Ghedini e Franco Coppi, con quello di un Agrama socio occulto del Cavaliere? Di sicuro, per le difese, non si poteva fare il processo senza sentire l'ex regista.

E anche questo, per i legali di Berlusconi, è un motivo di nullità del processo.

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