Cronache

Quel mistero delle donne tradite

Fanno "impressione", da fuori la Mussolini e tutte le altre Hillary che accettano di rimanere, che girano mano nella mano con il marito. Ma fa "impressione" solo ciò che vediamo, che non è mai ciò che è

Alessandra Mussolini e il marito in una foto d'archivio
Alessandra Mussolini e il marito in una foto d'archivio

Non è di facile comprensione la sindrome di Hillary: si presenta a tradimento, colpisce soggetti di ogni età, è asintomatica fino alla cruenta manifestazione, non se ne comprendono né la genesi né il perdurare, non ha cure perché i soggetti non desiderano liberarsi del «disturbo» ma anzi lo allevano e lo coccolano. Però sembra ormai una sindrome endemica e allora, forse, tocca sforzarsi di capirla. In principio fu Hillary Clinton appunto, ma poi in realtà tante altre anche prima di lei (Frida Kahlo, Sofia di Spagna, Elisabetta d'Inghilterra, donna Rachele, la moglie di Stalin, quella di Netanyahu, perfino Adele H...) poi seguirono la signora Marrazzo, la Strauss-Kahn, la Blair e Alessandra Mussolini. Tutte incomprensibili sostenitrici del marito diversamente fedifrago. L'ultima in ordine di tempo (com'è fin troppo noto) è la nipotina del Duce. Donna passionale e poco incline alla mediazione sia verbale che sostanziale ha spiazzato tutti con una frase (circa il consorte, finito in mezzo a uno scandalo con un giro di baby prostitute) che poi in realtà è piena di spine e insidie, ma che rimanda più a un ragionato senso di responsabilità che alla violenta deflagrazione che ci si sarebbe aspettati da lei: «Non caccio di casa il padre dei miei figli».

Le spine e le insidie si diceva, perché è una frase che non dice niente «di loro» come coppia ma spiega solo «di loro» come famiglia. E d'altra parte non c'è nulla, a essere onesti, che dica qualcosa di una coppia. Non quello che appare, di certo. Specie se la sovraesposizione mediatica è tanta e tanto sproporzionata a (s)vantaggio di uno soltanto. Quando ci si ritrova in due, col rumore dello scandalo chiuso finalmente fuori dalla porta, allora si va davvero in scena. È lì che inizia la coppia. E non si sa cosa ci sia in campo, cosa ci navighi in mezzo. Non si conoscono, non si possono conoscere, gli equilibri, i perdoni, le accuse, i torti, gli accordi, gli argomenti congedati, i sensi che ancora resistono. È ben prima della soglia della camera da letto che ci si dovrebbe fermare quando si ha la presunzione, la convinzione, di poter comprendere cosa tenga in piedi o affossi un rapporto. La «coppia»... che non è fatta da uno più uno, è un altro animale. Per questo non si riduce all'esigenza di salvare una presidenza, una monarchia o se stessi la scelta di rimanere dove si è, contro ogni ragionevole intuizione. E non si può sapere nulla neppure delle ferite insanabili, dei chili di non detto, di cosa ci stia davvero dentro un perdono, quando perdono riesce davvero ad essere. Fanno «impressione», da fuori la Mussolini e tutte le altre Hillary che accettano di rimanere, per un po' o per sempre, che vanno a messa, che girano mano nella mano con il marito, che lo difendono, che lo tirano fuori dalla galera, che pagano gli avvocati, che gli accarezzano la testa.

Ma fa «impressione» solo ciò che vediamo, che non è mai ciò che è.

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