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Quella sentenza suicida fatta a tempo di record per far fuori il Cavaliere

Respinta in 7 minuti la richiesta di fermare tutto in attesa del pronunciamento della Consulta. L'obiettivo: arrivare in Cassazione a settembre per cacciare il Cav dal parlamento

Quella sentenza suicida fatta a tempo di record per far fuori il Cavaliere

Sette minuti. Tanto impiegano ieri mattina il giudice Alessandra Galli e i suoi due colleghi della Corte d'appello di Milano a respingere l'ultimo attacco di Niccolò Ghedini e Piero Longo, l'estremo tentativo della difesa di Berlusconi di evitare la condanna. È una decisione fulminea, specie se paragonata alle lunghe riflessioni cui i giudici d'appello del caso «diritti tv» avevano abituato difensori e giornalisti. Alla corte, ieri mattina, Piero Longo chiede di congelare il processo, arrivato all'ultima udienza, per dare il tempo alla Corte Costituzionale di sbrogliare il nodo che fin dall'inizio ha segnato questa stagione dei processi a Berlusconi: il rapporto tra i suoi impegni di parlamentare e i suoi doveri di imputato, la prevalenza dei tempi della politica su quelli della giustizia o viceversa. La Consulta deve decidere se fu giusto, nel marzo 2011, che una udienza del processo di primo grado si tenesse anche con Berlusconi impegnato a Palazzo Chigi. Se la Corte Costituzionale annullasse quella udienza, sarebbe l'intero processo di primo grado a venire spazzato via, e con lui quello d'appello. Per questo, per non emettere una sentenza scritta sull'acqua, Longo chiede ai giudici di fermarsi. Ma la richiesta viene respinta in un lampo. «La pronuncia della Corte Costituzionale non risulta decisiva», scrivono. Da quell'istante, gli ultimi dubbi su come finirà la giornata si dissipano. Quando, un paio d'ore dopo, la corte si ritira in camera di consiglio per emettere la sentenza, neanche il più ottimista dei suoi fan punterebbe un euro sull'assoluzione di Berlusconi.

Alle sette e mezza di sera, infatti, arriva la sentenza che conferma dal primo all'ultimo rigo la condanna di primo grado. Nel trambusto, pochi fanno caso a un dettaglio: i giudici non indicano un termine per il deposito delle motivazioni. Vuol dire che valgono i termini strettissimi previsti dal codice, e che non vengono mai rispettati. In genere ci si mettono due o tre mesi. Invece tra quindici giorni le motivazioni della condanna di ieri verranno depositate in cancelleria. È quasi il remake di quanto avvenne in primo grado, quando le motivazioni vennero addirittura lette insieme alla sentenza. Ieri come allora, l'obiettivo dei giudici è evitare il rischio della prescrizione. Già a settembre la Cassazione potrebbe emettere la sentenza finale e infliggere a Berlusconi la prima condanna definitiva della sua vita.

Che la Corte d'appello di Milano non tenesse in gran conto gli auspici di una via di uscita morbida per il Cavaliere dai suoi guai giudiziari lo si era capito bene già nel febbraio scorso, quando erano state respinte a raffica le richieste di rinvio delle udienze per gli impegni elettorali, e si era cercato di tenere udienza anche nei giorni in cui Berlusconi era ricoverato in ospedale per l'infezione agli occhi. Ieri, la decisione di andare a sentenza senza aspettare la Corte Costituzionale conferma che i tentativi di moral suasion provenienti da Roma non hanno trovato accoglienza tra i giudici milanesi. È, paradossalmente, una decisione che in prospettiva potrebbe danneggiare il processo: se fosse stata accolta la richiesta di pausa la prescrizione si sarebbe interrotta; adesso, invece, se la Corte Costituzionale dovesse dare ragione a Berlusconi e ordinare di rifare una parte del processo, la prescrizione sarebbe quasi inevitabile.

Ma sono scenari futuri, di difficile pronostico. Per ora sul tavolo c'è il dato oggettivo di una pesante condanna di Silvio Berlusconi, che grazie alle motivazioni-lampo potrebbe diventare definitiva nel giro di pochi mesi. Dalla Cassazione, dopo la rapidità con cui lunedì scorso ha liquidato la sua richiesta di spostare i processi a Brescia, Berlusconi sa di non potersi aspettare granché. Così per il Cavaliere l'ultima trincea diventa quella della Corte Costituzionale, con la sua decisione sul legittimo impedimento. È una decisione che doveva arrivare già il 23 aprile scorso; i giudici si sono riuniti, hanno discusso, secondo alcune voci hanno anche già deciso (a maggioranza); ma la decisione verrà formalizzata solo in una camera di consiglio che verrà fissata entro il mese di giugno.

Un ritardo che ieri ha consentito ai giudici milanesi di condannare Berlusconi, anche se poi tutto dovesse venire annullato.

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