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Quelli della macchinetta puniti due volte

Ci fanno un prelievo supplementare persino là, nella zona franca della nostra routine, nell'isola felice del grigio oceano lavorativo, nel bozzolo materno della pausa caffè

Quelli della macchinetta puniti due volte

Dalla prima legge del perfetto augurificio: buona fine e miglior principio. Scordarselo, stavolta: a noi succederà tutto il contrario, brutta fine e peggior principio. Chiudiamo con questa barzelletta tutta nostra dell'Imu che in teoria schiatta e in realtà risorge, poi ricominceremo con la beffa più carogna: arriveranno a farci un prelievo supplementare persino là, nella zona franca della nostra routine, nell'isola felice del grigio oceano lavorativo, nel bozzolo materno della pausa caffè. Bei tempi quando l'Iva era solo la Zanicchi: ormai è l'incubo continuo della nostra esistenza. Ancora l'Iva, sempre l'Iva: dal primo gennaio cresce quella sui prodotti da distributore automatico, patatine, waferini e bevande tutte. Era il quattro per cento, diventerà il dieci.
Siccome è certissimamente assodato che questo aumento sarà a carico nostro (magnifici i commercianti: strillano come aquile quando si parla di aumentare l'Iva, quasi non sapessimo tutti che loro si limitano soltanto a scaricarla su di noi, tanto che poi strillano come aquile pure contro di noi perché consumiamo meno), lo sgarbo e l'affronto risultano particolarmente odiosi, perché vanno a toccarci nella nostra intimità più preziosa. La conclusione è amarissima: se arrivano a castigarci persino lì, significa che è davvero finita. Lì dove? Ma lì, nel metro quadro extraterritoriale, nel duty-free shop dei Fantozzi di tutta Italia, si trovino essi a rifiatare in fabbrica o in ufficio, in aziende private o pubbliche, dentro scuole o ospedali. Lì dove il ceto medio impiegatizio azzanna con gli artigli cinque minuti di presunta libertà, come l'ora d'aria di qualsiasi galera, con un piede e un orecchio ancora fermi nella postazione lavorativa, coltivando l'illusione di tirare davvero il fiato. Lì dove si dimenticano le chiavette con la ricarica e santo subito chi non se le imberta, lì dove i prezzi sono politici e tutti fanno gli stupendi offrendo a chiunque il thè al limone che sa di Svelto piatti o il caffè molto lungo, ma quale lungo, ti avevo detto senza zucchero, porca eva ho sbagliato bottone, va bene, non c'è problema, prendine un altro, con l'acqua sei a posto? Lì dove si può rimpiangere un bar signorile, ma dove subito compiangere chi se lo concede per la mannaia che cala alla cassa, il signore due thè, vediamo, in tutto sedici euro. Lì dove si può rimediare una cena di fortuna, tramezzino al tonno e lattina di chinotto, perché oggi ho saltato e stasera faccio tardi, ma perché questo tonno sa di bresaola, che ne so io, io ho la bresaola che sa di tacchino. Ma soprattutto lì, dove ancora oggi, nell'era decadente dell'individualismo e dell'autismo catatonico, misteriosamente riesce ancora ad accendersi il contatto sociale, il libero scambio delle idee e delle opinioni, persino della cortesia e della confidenza, certo anche del perfido gossip aziendale e del diabolico complottismo alle spalle. Lì dove è sempre meglio esserci che non esserci, starci un minuto di più che un minuto di meno, perché sull'assente partono immancabilmente le motoseghe e non ne rimane più niente. Lì, maledizione, persino lì vengono a succhiarci sangue. I vampiri puntano dritti all'aorta, infieriscono sadicamente sull'attimo felice degli infelici, stanano i poveracci dal loro ultimissimo rifugio. Sono veramente disposti a tutto. Sono arrivati alla soluzione finale.

Dopo, resta solo la tassa sul respiro.

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