Cronache

La rabbia oscura il lutto E al porto scoppia la rissa

Portuali e centri sociali contro i sindacati: "Basta morti sul lavoro". Tensione e tafferugli. Strappano il microfono al prelato e urlano: "Qui nessuno ci protegge"

La rabbia oscura il lutto E al porto scoppia la rissa

Come se non bastasse lo strazio di vedere i cadaveri dei propri cari venire estratti dalle macerie della torre del porto. Come se non bastasse la sofferenza di una tragedia senza precedenti che ha colpito il cuore di Genova. Come se questo carico di pena non fosse sufficiente, ecco che l'ultimo schiaffo al dolore dei parenti delle vittime dell'incidente dell'altra notte in porto, arriva proprio nel giorno del lutto cittadino e durante la manifestazione indetta dalle istituzioni per ricordare i sette morti. Con le contestazioni e i momenti di tensioni creati dai lavoratori portuali e dai ragazzi dei centri sociali, tanto da richiedere l'intervento delle forze dell'ordine. E mentre Genova si ferma con le campane a lutto e le bandiere a mezz'asta e si cercano ancora i corpi dei dispersi, un'altra parte della città si spacca persino sulla condivisione del dolore.

Sono da poco passate le tredici quando in una piazza Matteotti gremita da genovesi e rappresentanti delle istituzioni, una manciata di portuali interrompe gli interventi delle autorità e dei sindacati. Chiedono a gran voce che venga data la parola ai lavoratori e di «fare tacere le istituzioni». Urlano, fischiano, tentano di salire sul palco e mentre il cappellano del lavoro della Curia di Genova, monsignor Luigi Molinari parla ai suoi cittadini, gli strappano di mano il microfono.

«Siamo stufi delle morti sul lavoro - attacca un portuale leggendo una lettera contro le autorità presenti in piazza e in particolare i sindacati -. Noi lavoriamo e dobbiamo essere protetti soprattutto dai sindacati che mercoledì volevano interrompere lo sciopero a mezzogiorno. Per l'ennesima volta, assistiamo al loro teatrino. Il profitto e gli interessi prevalgono sulla vita dei lavoratori».

Se la prendono pure con la decisione di lasciar partire martedì una nave da crociera, definendola «nave dei divertimenti», nel giorno in cui lì in porto, al molo Giano si stavano contando ancora i morti e le operazioni di soccorso erano in pieno svolgimento. Chiedono e pretendono che di fronte a tutte le tragedie accadute sinora, cada il muro di omertà e che il porto non diventi il porto dei misteri. Mentre lì a pochi metri dal palco, ci sono anche i vertici della società armatrice Messina, proprietaria della portacontainer Jolly Nero. Scortati e protetti dalla polizia per evitare contatti e tensioni con i lavoratori. «Siamo qui per esprimere solidarietà e vicinanza alle famiglie dei lavoratori che usciti di casa per andare al lavoro non hanno fatto ritorno», dicono i portuali. E però, forse ieri era il giorno in cui mettere da parte le proprie rivendicazioni, evitare le tensioni e gli eccessi di rabbia. Lo fa notare anche il presidente dell'autorità portuale di Genova, Luigi Merlo che questo non è proprio il momento per dividersi e spaccare la città. «È il giorno del dolore e del cordoglio - dice Merlo -. Ci può essere anche la rabbia, ma oggi (ieri, ndr) non è il momento delle polemiche, ma dell'unità. Bisogna essere uniti soprattutto per il rispetto delle persone che non ci sono più e dei loro familiari». Anche dal commissario della Provincia di Genova, Piero Fossati arriva la solidarietà a monsignor Molinari per le contestazioni ricevute. «È stato molto spiacevole e del tutto inopportuno».

Perché ieri era il giorno del cordoglio e del dolore per le vittime di Genova.

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