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Recuperate opere d'arte rubate nelle chiese e finite in una collezione privata

Calici, tele, crocifissi e reliquiari sottratti negli anni a importanti luoghi sacri di Lazio e Umbria e acquistati (forse inconsapevolmente) da un avvocato lucano morto cinque anni fa, ritrovati dai carabinieri prima che fossero messi sul mercato. L'indagine nata da una disputa su un'eredità. Sette persone denunciate

Dalle più importanti chiese laziali e umbre a una collezione privata che stava per essere venduta dalla legittima proprietaria. Nasce da una disputa su un'eredità e dalla causa civile che ne è scaturita l'indagine dei carabinieri del Reparto operativo tutela patrimonio culturale di Roma che ha portato al ritrovamento di una cinquantina di oggetti di altissimo valore provenienti da 24 furti avvenuti tra il 2001 e il 2007 in chiese e basiliche non solo romane, oltre che in negozi di antiquariato e note case d'aste. Calici, crocifissi, tele, statuine da presepio, candelabri, reliquiari e ostensori risalenti a un'epoca tra il XVI e il XIX secolo per un valore di oltre 600mila euro. Tra questi un calice in argento dorato fuso e cesellato, del famoso argentiere Sciolet II, rubato nel 2005 della basilica di San Lorenzo in Lucina di Roma. Recuperata anche la «Madonna in preghiera» del XVII secolo sottratta dalla chiesa di Santa Francesca Romana. I carabinieri hanno denunciato sette persone per ricettazione, tra queste un antiquario romano a cui era destinata la maggior parte delle opere.

Tutti gli oggetti recuperati facevano parte della collezione di un avvocato lucano morto cinque anni fa, che in vita aveva investito molto denaro nell'acquisto di opere d'arte senza sapere probabilmente che molte di queste fossero di provenienza illecita. Prima di morire il professionista aveva lasciato i suoi beni ad una donna che negli anni aveva conquistato la sua fiducia. A mani vuote la moglie, costretta a rivolgersi al Tribunale civile perché si occupasse di dirimere il contenzioso sull'eredità. È stato proprio dall'inventario delle opere d'arte disposto dal giudice e dalla comparazione degli oggetti con le immagini contenute nella banca dati del comando dei carabinieri, che sono emersi i primi dubbi sulla provenienza del «tesoro» dell'avvocato.

Beni che l'ereditiera, forse proprio per non essere intercettata, aveva sparso in vari appartamenti e magazzini.

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